Prospettive

Benedizione degli affreschi del Santuario di Maria SS. Addolorata: la Scrittura si rende visibile

Il 1° dicembre 2022, pur in un giorno feriale all’inizio del tempo di Avvento, ci siamo radunati presso il santuario dell’Addolorata per una solenne celebrazione Eucaristica presieduta da Sua Ecc.za Mons. Luigi Renna e concelebrata dalle Eccellenze Mons. Salvatore Gristina e Salvatore Pappalardo con la partecipazione di diversi sacerdoti per la benedizione dei meravigliosi dipinti.

Da quando si sono ultimati, il nostro santuario si presenta con un volto nuovo, infatti si presenta come un grande libro da leggere. E ciò che vi si può leggere è precisamente la storia della salvezza dell’uomo dall’Eccomi di Maria, cioè dall’Incarnazione del Figlio di Dio, alla morte e resurrezione, Ascensione e Pentecoste.

Un libro che si riesce a leggere meglio nel momento della celebrazione liturgica, cioè quando la comunità dei credenti vive e loda la presenza del Signore risorto. Proprio allora i misteri dipinti su queste pareti acquistano il loro vero significato, trovano il loro compimento.

Certamente lo scopo di tutto questo, era ed è quello di ricordare le verità di fede e la storia della salvezza, come invito per tutti a vivere da buoni cristiani.

Il testo di ispirazione è senza dubbio la Sacra Scrittura, l’oro che fa da sfondo ai dipinti sta a significare luce, grazia e gloria; è un richiamo alla vita eterna. Inoltre, riempie della sua luce tutto l’edificio in alcune ore del giorno; ed è la luce del Verbo fatto carne in Maria, che va ad illuminare tutte le figure rappresentate nelle pareti e questa illumina noi per indicarci questo grande mistero. Alla fine della celebrazione padre Filippo Pisciotta come rettore del santuario, ha augurato che una tale “consegna” dei dipinti, sia accolta generosamente e proficuamente sia da parte dei presenti che dai tanti fedeli che si susseguiranno nelle generazioni future.

Di seguito il testo dell’omelia di Mons. Renna:

Carissimi Mons. Salvatore Gristina e mons. Salvatore Pappalardo,

carissimo Padre Consultore e Padri passionisti,

 carissimi Presbiteri e Diaconi, fedeli tutti,

celebriamo l’Eucaristia durante la quale benediremo gli affreschi che adornano l’aula liturgica del Santuario della B.V. Addolorata, in un giorno d’avvento, tempo che in questa prima settimana ci fa protendere lo sguardo verso la “parusia”, la seconda venuta del Signore, ma che già nella seconda Domenica ci preparerà a celebrare la memoria lietissima della sua prima Venuta, il mistero dell’Incarnazione. C’è un nesso profondo tra il mistero del Natale e il culto delle immagini sacre, sul quale è opportuno soffermarsi. Quando nella prima metà del secolo VIII comincio a svilupparsi l’iconoclastia, si affermò un movimento dottrinale per contrastarla, che ebbe in San Giovanni Damasceno l’esponente di maggiore spicco in difesa delle immagini sacre.

L’affermazione centrale della sua riflessione teologica era che l’antico precetto di Esodo 20,4, di non farsi immagine alcuna di Dio, era stato superato grazie al mistero dell’Incarnazione del Verbo di Dio, in cui l’Invisibile si era fatto visibile assumendo la natura umana, ed era quindi possibile rappresentarlo. San Giovanni Damasceno inoltre distingueva tra immagini e archetipo, sostenendo che, guardando le icone, il fedele solleva la mente dalle immagini a Colui che in esse è rappresentato; le icone sarebbero quindi quasi un richiamo e il culto delle immagini sacre non si ferma ovviamente ad esse, ma va all’archetipo, il Signore contemplato nei suoi misteri.

Ciò che si contempla in una icona non è frutto solo del genio e dell’abilità tecnica di un pittore, perché i vari autori delle icone sono i pastori e i teologi, cioè coloro che riflettono nella fede sulla verità raffigurata e la proclamano. Per questo il VII Concilio Ecumenico (879 -880) stabilì che ai Pastori della Chiesa spettava delineare la composizione delle icone, mentre al pittore solo l’esecuzione. Le immagini che abbracciano la nostra chiesa della Beata Vergine Addolorata, si rifanno al modello iconografico bizantino, che lungo i secoli non ha subito le trasformazioni degli stili artistici dell’arte europea: si sono avvicendati stili diversi nel medioevo, nel rinascimento, nell’età barocca e neoclassica, ma il modello bizantino è rimasto sempre identico, con i suoi canoni fissi, che sono di natura teologica. Queste icone aiuteranno a contemplare i Misteri celebrati delle feste liturgiche, in un dialogo fra la Sacra Scrittura, i Padri della Chiesa, le immagini stesse. Sarà compito di ciascuno di voi, cari fratelli presbiteri che celebrerete in questa Chiesa, far sì che le omelie siano come illuminate dalle rappresentazioni iconografiche.

Non vorrei che però dimenticassimo che le icone si pongono tra l’archetipo, cioè il mistero contemplato, la sua celebrazione nella liturgia, che lo rende presente per la forza dello Spirito Santo, e la vita.

Il brano evangelico di oggi ci riporta prepotentemente alla vita con le sue esigenze di credibilità. “Non chiunque dice “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli…” (Matteo 7,21). Potremmo quasi commentare: “Non chi si ferma a contemplare l’icona entrerà nel Regno dei Cieli, ma chi fa la volontà del Padre”. Ogni autentica contemplazione diventa testimonianza, e se è vero, come afferma Pavel Florenskij, che “le icone sono finestre aperte sul mondo spirituale”, e chi si affaccia ad esse viene trasformato e divinizzato, è proprio colui che ha costruito la sua casa sulla roccia. Su quella casa si abbatteranno la pioggia delle tentazioni, l’acqua esondata dai fiumi delle avversità, il vento delle crisi di fede, ed essa rimarrà in piedi, perché sarà fondata su una preghiera che è diventata vita, su una contemplazione che ha trasfigurato il cuore al punto da renderlo misericordioso e compassionevole.

Che queste icone, ombre piene della luce del mistero che rappresentano, illuminino il nostro cammino di fede e ci rendano testimoni credibili della Parola.

+ Luigi

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