di don Giuseppe Longo
Chi l’avrebbe mai detto che la celebre espressione “un battito d’ali di una farfalla è in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo”, con la quale Edward Lorenz descriveva la sua scoperta, che va sotto il nome di “effetto farfalla”, applicata per la prima volta su un modello globale di meteorologia terrestre, oggi potrebbe essere usata perfettamente per descrivere l’evoluzione della crisi finanziaria, e non solo, delle economie non soltanto occidentali, ma, ormai, dell’intero sistema mondiale.
Fiumi di parole sono stati usati per cercare di descrivere questo momento storico, accettando come assioma che questa crisi globale sia esclusivamente ascrivibile al conflitto bellico in atto in Ucraina. Anche se un fondo di verità potrebbe essere riconosciuto a tale ipotesi almeno per la fase iniziale, guardando più a fondo le cose potrebbero stare diversamente. Magari si è avuta una visione illusoria di un mondo migliore e pacificato, guidato da macro sistemi economico-finanziari sovranazionali da implementare in ogni angolo della Terra. Così una sfrenata globalizzazione, dove l’umano non ha trovato collocazione, finisce per produrre un effetto domino di portata mondiale ogni qual volta si manifesti un evento di crisi di qualsiasi genere.
Per approfondire le cause dell’attuale crisi globale, che mette a dura prova la coesistenza sociale, si è tenuta a Catania, nei locali del Museo Diocesano, messi a disposizione da S. E. R.ma Mons. Luigi Renna e dalla direttrice, Grazia Spampinato, una Tavola Rotonda sul tema della “Guerra e Pace. Storie di guerre tra Passato e Presente. Un messaggio di pace per il Futuro”, che ha riscosso l’attenzione di un vasto pubblico considerata la sua attualità e gli aspetti storici e geopolitici trattati.
L’incontro è stato promosso dall’associazione culturale CENACUM, presieduta dalla Prof.ssa Rosalba Panvini ed ha visto la partecipazione di numerosi relatori, di docenti universitari e dello stesso Arcivescovo.
Mentre gli occhi del mondo sono puntati sul conflitto tra la Russia e l’Ucraina, sembra quasi che ci si sia dimenticati che anche altri territori sono dilaniati da guerre mosse da interessi politici ed economici; eppure, si parla soltanto della guerra che da quasi 155 giorni vede coinvolti, oltre la Russia e l’Ucraina, varie Nazioni, pronte ad intervenire per accaparrarsi poi le risorse minerarie ed economiche del territorio segnato dal conflitto, una volta che quest’ultimo sarà finito.
In effetti, simili situazioni si sono verificate fin dai tempi più antichi, come ha evidenziato, richiamando fatti storici e documentazione iconografica, la Prof.ssa Rosalba Panvini. La relatrice ha ricordato il caso del tiranno Gelone, della stirpe dei Dinomenidi, governatore di Gela dal 491 a.C. il quale, non accontentandosi dei territori già in suo possesso, mirò alla conquista di Siracusa dove assunse il potere nel 485 a.C., restandovi fino alla morte, avvenuta nel 479. Siracusa, infatti, era molto ambita poiché da essa si potevano controllare i traffici commerciali dello Ionio e fin oltre lo Stretto. Il tiranno era diventato talmente potente da essere un interlocutore importante nelle relazioni con altre città ed addirittura gestiva le risorse di grano con le quali aveva rifornito, finanche Roma per un anno, anche allo scopo di tessere trame diplomatiche nel tentativo di mettere in atto i suoi progetti strategici e militari tesi al controllo degli empori ed a sconfiggere i Cartaginesi, nel 480 a.C. Per tale ultimo scopo, si avvalse dell’aiuto dei mercenari indigeni, come del resto sta avvenendo in Ucraina, dove i Ceceni, da sempre nemici dei Russi, oggi combattono al loro fianco: sembra quasi di assistere al ripetersi di scenari che si ripetono perché, in fondo, gli uomini non cambiano.
Altra documentazione iconografica presa in considerazione, come le scene delle colonne coclidi di Roma, è servita a dimostrare che i conflitti bellici avevano animato i governi di molti imperatori ed, in proposito, sono state richiamate le conquiste della Dacia da parte di Traiano (101-106 d.C.) e dei territori dei Germani e dei Sarmati da parte di Marco Aurelio ( 161, 180 d.C.), ossia tutte terre ricche di risorse, con sbocchi a mare e la cui conquista determinò l’ampliamento dei confini geografici dell’Urbs e variò gli assetti geopolitici del tempo. Ecco, la conquista di un’area geografica con sbocco a mare è una delle cause del conflitto attuale poiché la Russia avrebbe un ulteriore sbocco sulla costa per avvantaggiarsi nei commerci.
Anche l’età moderna è stata segnata da ininterrotte guerre tra stati impegnati nella costruzione della loro egemonia sul continente, come ha avuto modo di riferire la Prof.ssa Lina Scalisi, docente dell’Università degli Studi di Catania; tali situazioni avvennero in un mondo apparentemente diverso da quello attuale, ma furono animate dalle medesime pulsioni che portarono al disconoscimento dei diritti altrui. Dopo la scoperta dell’America, nel 1492, che pur costituì una rivoluzione geopolitica ed economica, molti storici e filosofi si interrogarono sulla necessità della guerra, nel convincimento ultimo che dovesse esistere la lotta per l’applicazione dei diritti e per il mantenimento della tradizione di libera democrazia. L’esempio di quel passato dovrebbe essere oggi recepito affinché non si abiuri alle ragioni della guerra, ma si eserciti la pratica della tolleranza e della pacifica convivenza.
Sul tema del Nazionalismo si è soffermato il Prof. Giuseppe Barone, emerito dello stesso Ateneo, facendo notare che la guerra in atto sembra ricondurci all’Ottocento essendo messi in pratica gli stessi linguaggi e gli stessi simboli. Infatti, l’Ucraina difende la propria integrità territoriale ritenendola un patrimonio nazionale, mentre la Russia opera nella convinzione che quel territorio appartenga alla comunità slava. Questi differenti modi di pensare, pur desueti nell’età della globalizzazione, sono diventati prepotentemente attuali e dimostrano che il Passato spesso ritorna senza avere insegnato nulla di quanto di negativo lo abbia segnato. Barone ha messo in evidenza l’errore geopolitico degli Stati Uniti preferendo inserire nella NATO i Paesi ex comunisti dell’Est europeo finendo per alimentare la propaganda contro Putin.
A suo avviso, in questo contesto, non sarà facile ripristinare la pace se prima non si raggiunga un nuovo ordine mondiale, basato sul riconoscimento di una leadership quadrangolare (Stati Uniti, Unione Europea, Russia e Cina), chiamata ad affrontare le sfide globali del XXI secolo.
E sull’ordine globale è stata pure incentrata una parte del contributo della Prof.ssa Francesca Longo, Pro Rettrice dell’Ateneo catanese, la quale ha considerato esecrabile l’attuale guerra poiché non ha solo lo scopo di conquistare territori o di cambiare gli assetti interni di un sistema politico, ma sta mettendo in serio pericolo la sicurezza del sistema internazionale con la conseguenza di vedere cambiate le politiche estere dei vari stati. L’Unione europea, ad esempio, ha avviato un processo di inclusione di molti paesi della sua area orientale, mentre la NATO ha sviluppato un nuovo concetto strategico in cui il terrorismo, i gruppi criminali transnazionali, la minaccia della sicurezza energetica, hanno assunto un ruolo prioritario. In tale contesto risulta assai pericoloso il coinvolgimento di altri Paesi, quali la Cina, in grado ormai di influenzare le politiche internazionali. Nello scenario che si sta delineando sono messe, dunque, a rischio la prossima configurazione dell’ordine globale e le relazioni tra i vari paesi essendo stato violato il diritto internazionale umanitario; pertanto, il processo di pace, che si prevede alquanto lungo, dovrà prioritariamente tenere in considerazione la condivisione di regole ed interessi diversi, nonché di forme di convivenza pacifica tra quelle popolazioni colpite dal conflitto.
E quest’ultimo sta anche notevolmente incidendo sull’equilibrio politico raggiunto dalle Nazioni nel Novecento, dopo le due guerre mondiali, come ha chiaramente messo in evidenza il Dott. Emiliano Abramo, soffermandosi anche sui forti disagi e le difficoltà di fronteggiare le esigenze di coloro che fuggono dai propri paesi in guerra; la comunità di sant’Egidio del quale, a Catania, Abramo è il rappresentante, si sta adoperando per accogliere molti profughi dell’Ucraina cercando di aiutarli ad alleviare il loro disagio, nella speranza che la Pace possa tornare a ristabilirsi sia nei paesi interessati dal conflitto che negli altri che si sono fatti coinvolgere per affermare i propri interessi.
Sul tema del disagio conseguenziale alle guerre e su altri temi è tornato l’Arcivescovo di Catania al quale sono state affidate le conclusioni dell’incontro. Mons. Luigi Renna. ha fatto un lungo excursus del pensiero cristiano sulla guerra potendo rilevare che esso non è sempre stato orientato verso un pacifismo assoluto.
Si pensi che Sant’Agostino giustificava la guerra qualora ci fosse stata l’intenzione di ottenere la Pace e raggiungere l’ordine cosmico ed etico ed in questo caso, addirittura, si sarebbe potuto fare ricorso alla forza per reprimere altra forza.
Anche San Tommaso dichiarava che la guerra può esistere qualora ci siano un’autorità legittimata a governarla, una giusta causa finalizzata a reprimere il male per ristabilire la pace e se vi siano dei giusti mezzi, senza ricorrere all’inganno oppure a strumenti pericolosi.
L’Arcivescovo ha esaminato, poi, le diverse posizioni sulla guerra e sulla Pace da parte di alcune autorità della Chiesa, a partire dai tempi della Breccia di Porta Pia, iniziando da Papa Pio IX, che benedì l’esercito, a Leone XIII, autore di otto encicliche sul tema, a Benedetto XII, “ il Papa della Prima Guerra mondiale”, che definiva la guerra un’inutile strage, nell’enciclica del 1920 (Pacem, Dei munus pulcherrimum).
Giovanni XXIII, parlando di guerra e di Pace nell’enciclica “Pacem in Terris”, scritta nel 1963, superò il concetto di “guerra giusta” e definì la pace come forma di dignità essenziale della persona e dei popoli, secondo una visione ripresa da Giovanni Paolo II, nell’enciclica “Sollecitudo rei socialis”, in cui il Papa indica la Pace come una Forma di solidarietà tra i popoli.
Oggi, purtroppo, non si colgono ancora le condizioni per parlare di Pace e, per ottenere tale condizione, gli stati si devono impegnare a programmare un progressivo disarmo, evitando di rifornire di nuove armi i paesi segnati da conflitti e ciò anche per potere intervenire sul miglioramento delle condizioni climatiche, che non sono indipendenti dalla produzione dei pericolosi strumenti usati per annientare i popoli.
Insomma, si avverte sempre di più l’esigenza di mettere fine ai conflitti che affliggono vari Paesi, ma le soluzioni sembrano ancora lontane e devono fare i conti con gli interessi di alcuni governatori bramosi soltanto di potere.