di don Giuseppe Longo
In uno stile ormai consolidato di attenzione nei confronti delle strutture di detenzione, in perfetta adesione al dettato della Scrittura “…ero in carcere e siete venuti a trovarmi” (Mt 25, 36), Mons. Luigi Renna, in prossimità della memoria di San Basilide, si è recato al carcere di Piazza Lanza, esercitando le prerogative previste dall’art. 67 dell’Ordinamento Penitenziario che consente ad alcune Autorità civili e religiose, e fra queste “l’ordinario diocesano per l’esercizio del suo ministero” di visitare le carceri senza particolare autorizzazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.
L’Arcivescovo ha voluto essere presente nella struttura detentiva per celebrare la Messa nel ricordo di San Basilide, patrono degli agenti di custodia, alla quale hanno preso parte: la Dr.ssa Elisabetta Zito, Direttore della Casa Circondariale; il Comandante di reparto, Dirigente di Polizia Penitenziaria Dr. Francesco Salemi; il Vice Comandante di reparto, Commissario di Polizia Penitenziaria, Dr. Alfio Bosco; il Responsabile dell’Area trattamentale, Dr. Giuseppe Avelli. Ed, inoltre, hanno concelebrato don Antonio Giacona, Cappellano del carcere e don Enrico Catania, Segretario arcivescovile.
Mons. Renna all’inizio della celebrazione premette che ci si trova in un luogo dove si scontano le pene, ma “solo Dio può penetrare l’abisso del nostro cuore per leggere il tormento ed il disordine interiore con occhi di misericordia”.
Il Vangelo ha portato una ventata di novità ed espressioni come il porgere l’altra guancia, o la legge aurea, non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te, oppure perdonare per essere perdonati, le quali hanno fatto breccia nella mente di molti cambiando il comune sentire verso tradizioni sociali quali il rispetto della legge del taglione.
Tra questi c’era Basilide, un soldato addetto a scortare i condannati al luogo del supplizio, la vicenda del quale si intreccia con quella di Potamiena, vergine cristiana virtuosa e molto bella, che aveva respinto molti pretendenti; la quale, arrestata durante le persecuzioni, sopportò orribili torture, non cedendo alle richieste di abiurare la fede. Fu subito condannata a morte e affidata a Basilide per accompagnarla al supplizio, lungo il percorso la plebaglia cercava di oltraggiarla pesantemente e Basilide la proteggeva respingendo coraggiosamente gli scalmanati, dimostrandole simpatia e compassione.
Colpita dal comportamento insolito del soldato, Potamiena gli promise che avrebbe pregato per la sua salvezza, quando avrebbe raggiunto Dio; poi sopportò eroicamente il martirio, venne cosparsa di pece bollente su tutto il corpo, morendo tra atroci sofferenze, insieme a lei fu uccisa anche la madre Marcella.
Dopo pochi giorni Basilide fu invitato a fare un giuramento davanti agli idoli, ma fra lo stupore di tutti i suoi commilitoni, egli si rifiutò, dichiarandosi cristiano, finché non fu condotto davanti al giudice.
Dopo la sua conferma, fu messo in carcere, dove fu battezzato il giorno prima di essere decapitato.
Basilide, martire dell’epoca di Sant’Agata, non fu l’unico ad essere stato convertito dai carcerati, i quali diventavano motivo di salvezza per i loro carcerieri.
“Fra tutte le categorie di persone – continua l’Arcivescovo – nelle quali Gesù si è identificato, malati, forestieri, affamati ecc., per le quali la compassione nasce spontaneamente, così non è, invece, per i carcerati.
Comunque bisogna sempre tenere presente quanto dice il Catechismo della Chiesa Cattolica circa il 5° comandamento, dove si riconosce il «fondato il diritto e il dovere della legittima autorità pubblica di infliggere pene proporzionate alla gravità del delitto… la pena ha lo scopo di riparare al disordine introdotto dalla colpa… Infine, la pena ha valore medicinale: nella misura del possibile, essa deve contribuire alla correzione del colpevole».
Il vostro compito – chiarisce Mons. Renna – sta nell’espressione “nella misura del possibile”. Infatti la legge infligge la pena proporzionata alla colpa commessa, ma poi ci siete voi con la vostra umanità, con la vostra responsabilità, che “nella misura del possibile” cercate di rispettare la dignità della persona, anche se in stato di detenzione”.
In conclusione l’Arcivescovo precisa che “la pena di morte è inammissibile nemmeno per coloro che si sono macchiati di colpe gravissime, perché la dignità della persona è un diritto dell’uomo inalienabile sganciato dalla sfera della società e dello Stato, ma appartiene alla natura umana in forza dell’atto creativo, che sta all’origine”.
Alla fine della celebrazione, dopo la preghiera del Poliziotto penitenziario rivolta a San Basilide, la Dott.ssa Elisabetta Zito nel ringraziare Mons. Luigi Renna, ha ribadito che il personale di polizia penitenziaria cerca sempre responsabilmente di mantenere un equilibrio nell’affrontare i disagi derivanti dal convergere di diverse sofferenze: psicologiche, di adattamento, di relazioni con i familiari, e, non ultima, di coloro che devono imporre il rispetto di una stabilità in un contesto vitale di limitata espressione della libertà personale.