In Vaticano è in corso il X Incontro Mondiale delle Famiglie, iniziato lo scorso 22 giugno con conclusione il 26 giugno. Il Santo Padre nel suo discorso introduttivo ha esortato a compiere “un passo in più” verso l’altro, vivendo e testimoniando la fratellanza, “per trasformare il mondo e renderlo casa per chi ha bisogno di essere accolto, per chi ha bisogno d’incontrare Cristo e di sentirsi amato”. Il tendere verso l’altro, alimento della sinodalità, rigenera la Chiesa se l’amore sponsale cammina insieme alla fede.
L’ufficio per la pastorale familiare della Chiesa catanese ha organizzato un pellegrinaggio diocesano delle famiglie con tappa finale al Santuario di Mompileri, quale evento propedeutico all’incontro mondiale. Mons. Luigi Renna, dopo aver guidato la recita del Rosario, ha presieduto la concelebrazione Eucaristica davanti ad una nutrita assemblea. Di seguito si riporta il testo dell’omelia:
“Quale sposo muore per la sua sposa, tranne nostro Signore? (…) Chi dall’inizio del mondo, ha mai dato il suo sangue come dono nuziale, tranne il Crocifisso, che suggellò il matrimonio con le sue stesse ferite? (…) La morte separa le mogli dai loro mariti, ma qui è la morte ad unire questa Sposa al suo Amore!” Con queste parole poetiche il padre della Chiesa Giacomo di Sarug esulta davanti al mistero di Cristo Sposo e della Chiesa Sua Sposa, fonte e modello della sponsalità per ogni cristiano. Davvero ciascuno di noi, guardando al mistero della Croce dovremmo esclamare con San Paolo: “Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! (Ef 5,21).
In questo pellegrinaggio diocesano stiamo celebrando il quinto anniversario della esortazione postsinodale “Amoris laetitia” e ci stiamo unendo spiritualmente a tutte le Chiese che sono nel mondo, che guardano a Roma per il X incontro mondiale delle famiglie che si terrà a Roma dal 22 al 26 p.v..
Viviamo il pellegrinaggio nel contesto liturgico della solennità del Santissimo Corpo e Sangue del Signore, ma anche nei giorni in cui la nostra Diocesi, piangendo con chi piange, ha manifestato la sua prossimità e la sua preoccupazione per episodi che hanno segnato tragicamente la vita di alcune famiglie della nostra terra.
Ci sembra di essere come a Cana e di dover constatare che alla festa della vita manca il vino, simbolo di un amore che viene dal Signore, che dona la gioia, la stabilità nella vita relazionale, la stima e il rispetto per gli altri, la cura dei figli.
Il Signore a Cana trasformò l’acqua in vino e ci fece intravedere l’inizio di una nuova umanità, che in Lui trova la sua pienezza e nella quale il matrimonio è un dono di Dio e un Sacramento. Ci sentiamo come gli apostoli che dicono che le folle hanno fame e ai quali Gesù dice: “Date loro voi stessi da mangiare!” Si, noi oggi siamo chiamati a offrire al Signore l’acqua che riempie le giare a Cana, i cinque pani e due pesci che nelle mani del Signore sfameranno le folle. Cosa altro metteremo nelle Sue mani se non il desiderio di amare delle coppie? È un desiderio tutto umano, che nasce e si sviluppa nell’esistenza fin dall’adolescenza, ma ha difficoltà a prendere la forma del “mistero grande” dell’amore di Cristo per la Chiesa, o a sfamare il desiderio di vita autentica che ogni persona si porta dentro.
Vediamo attorno a noi tante persone che si amano, ma per un tempo troppo breve che possa “sfamare” la vita. Sappiamo che molti giovani anche in età precoce assaporano la gioia dell’amore, ma come un frutto acerbo, che non ha raggiunto la maturità necessaria per custodire la vita dell’altro e dei figli.
Sappiamo anche che tanti amori, anche consacrati nel matrimonio, esauriscono la letizia del dono reciproco, la sicurezza della fedeltà, la pazienza del perdono dopo alcune cadute. In questo pellegrinaggio, nel contesto della solennità del Corpus Domini, sentiamo quanto siano vere le parole dell’esortazione post-sinodale: “(Nella Cena Eucaristica) gli sposi possono sempre sigillare l’alleanza Pasquale che li ha uniti e che riflette l’Alleanza che Dio ha sigillato con l’umanità nella croce” (AL 318).
Possono sigillarlo fin dall’inizio del fidanzamento, ed è per questo che ci impegniamo ad accompagnare i giovani che si preparano al matrimonio fin dall’adolescenza. Possono sigillarlo nel cammino verso il matrimonio: di qui l’impegno a preparare i nubendi, instaurando con loro una relazione di fiducia e facendo loro fare un cammino catecumenale. Possono sigillarlo le famiglie quando si sentono accompagnate: non stanchiamoci di stare loro vicino, di sostenerle nei momenti di crisi. Possono integrare quando quel sigillo è stato ferito e la grazia di Dio continua a promettere amore per le coppie separate, divorziate, risposate. “Date loro voi stessi da mangiare”-“riempite di acqua le giare”: è un compito per tutti noi, affinché il Pane e il Vino, segno e presenza del Mistero Grande, diano alle nostre coppie la gioia di essere rinnovate dall’amore di Cristo.
+ Luigi