Dopo quasi due anni di chiusura, e con alcuni ritardi dovuti agli adempimenti burocratici, ha riaperto al culto la chiesa dedicata al Sacratissimo Cuore di Gesù di Biancavilla. Alla solenne celebrazione di apertura, presente l’Arcivescovo Mons. Luigi Renna, il Vescovo emerito Mons. Salvatore Gristina, il Sindaco di Biancavilla Antonio Bonanno e diverse autorità civili e militari, presenti anche alcuni dirigenti scolastici locali.
La struttura, chiusa per quasi due anni a causa del violento terremoto del 2018, grazie ai fondi dell’8×1000, dopo accurati lavori di messa in sicurezza e di restauro è tornata agli splendori iniziali. Cuore della comunità, nata negli anni cinquanta del secolo scorso, sotto la guida di Padre Salvatore Greco, la chiesa – e di conseguenza la realtà parrocchiale ad essa legata – è seconda per copertura territoriale e per partecipazione.
Mons. Renna si è detto soddisfatto per i lavori svolti, e dopo i saluti ha presieduto la celebrazione. All’interno dell’omelia ha anche sottolineato l’importanza degli arredi liturgici, della mensa, dell’ambone e della sede, complimentandosi con il parroco, con l’ufficio edilizia di culto e con chi ha contribuito alla realizzazione del restauro.
Nonostante tutte le difficoltà, la comunità parrocchiale del Sacratissimo Cuore di Gesù è andata avanti, sotto la guida del parroco Ambrogio Monforte, celebrando nel salone parrocchiale ha atteso con ansia la riapertura della propria casa.
L’intera struttura – interna ed esterna – ha subito un forte restauro dei marmi, rinforzo delle colonne, rifacimento delle vetrate e miglioramento dell’illuminazione. Non sono mancati anche gli abbellimenti predisposti per rendere l’ambiente più accogliente, solenne e in linea con i desideri del fondatore.
Tutto questo è stato possibile sia grazie ai contributi della CEI, ma in particolar modo, grazie ai fedeli, che per anni e da anni frequentano la parrocchia e la reputano una seconda casa, dove vivere e convivere fraternamente e molti di loro infatti hanno contribuito in diversi modi al restauro.
Il giorno clou – il 23 Giugno vigilia della festa liturgica del Sacro Cuore di Gesù – é stato preceduto da giorni di preghiera, meditazione e riflessione. Alla fine della celebrazione sono state svelate anche 2 lapidi commemorative dell’avvenuto restauro. Dopo la cerimonia, nel cortile parrocchiale una grande festa ha animato la serata.
Di seguito il testo integrale dell’omelia dell’Arcivescovo:
Carissimi fedeli tutti,
carissimo padre Ambrogio e presbiteri tutti qua convenuti, il restauro di una chiesa è sempre un evento che permette di ritornare al senso del luogo sacro, dove il popolo di Dio si ritrova per celebrare i Divini Misteri, e per crescere, come in una vera e propria “mistagogia”, nella consapevolezza di quello che il Signore gli dona. Cosa è la mistagogia, se non l’essere introdotti nel mistero di Dio per viverlo sempre meglio? Possiamo dire che questa azione della Chiesa alla quale i Padri dei primi secoli dedicano tante catechesi, continua per tutta la vita.
Oggi il brano del Vangelo che abbiamo ascoltato ci introduce alla comprensione del senso del luogo dove siamo riuniti. La narrazione della chiamata e della conversione di Zaccheo, inizia con la presentazione di un uomo piccolo di statura e ricco, famoso per la sua poca onestà, mosso da una naturale curiosità a salire su un albero di sicomoro, per poter vedere Gesù circondato dalla folla. La strada può essere il luogo di incontri fugaci, ma non autenticamente personali: è per questo Gesù Cristo invita Zaccheo a scendere dall’albero, lo chiama e si autoinvita nella sua casa. Quella di Zaccheo è una casa malfamata, costruita con denaro proveniente da azioni illecite, frequentata da gente poco raccomandabile, ma è il Signore con la sua presenza che la santifica. Egli si ferma tra i peccatori, condivide il pasto con loro e santifica non tanto il luogo, ma le persone, in quel processo che ci fa passare dal peccato alla vita di nuove creature, e che si chiama conversione.
Chi è che rende un luogo sacro? Il Signore, che con i segni della fede, santifica in luoghi dove il popolo di Dio si raduna: è quello che avviene nel giorno della dedicazione di una Chiesa. Ma sono le persone ad essere continuamente abitate dalla Grazia di Dio che salva: per questo noi consacriamo un luogo al Signore, per celebrare i Sacramenti dell’Incontro con Lui; il Signore viene ad abitare con noi peccatori, trasformandoci con il suo amore che previene la nostra conversione!
Nella chiesa ci sono dei luoghi che hanno un valore capitale per l’Incontro con Dio: l’altare, l’ambone, la sede del celebrante. Il messale, il libro liturgico per la celebrazione dell’Eucarestia, riporta nelle sue pagine introduttive le indicazioni che ne descrivono il senso e la funzione. Voglio brevemente richiamarle.
Si dice che “l’altare, sul quale si rende presente nei segni sacramentali il sacrificio della croce, e anche la mensa del Signore, alla quale il popolo di Dio è chiamato a partecipare (…): è il centro dell’azione di grazia che si compie con l’Eucaristia” (n. 296). Per questa sua centralità, nelle nuove chiese, si raccomanda che sia costruito un solo altare “che significhi alla comunità dei fedeli l’unico Cristo e l’unica Eucaristia della Chiesa” (n. 303). Si insiste sull’unicità, cari fedeli, perché siamo invitati a convergere verso il centro che è l’Eucarestia, a trovare in essa la sorgente e il nutrimento della vita cristiana e della comunità. Tutto ciò che viene posto su di esso, si raccomanda ancora, sia tale da formare “un tutto armonico”, e “non impediscano ai fedeli di vedere comodamente ciò che si compie o viene collocato sull’altare” (cfr. n. 306).
L’altro luogo liturgico rilevante è l’ambone. L’Ordinamento generale ricorda che: “l’importanza della Parola di Dio esige che vi sia nella Chiesa un luogo adatto dal quale essa venga annunciata” (n. 309). Deve essere fisso, destinato alla proclamazione della Parola e delle preghiere, e non adibito per altri usi, come interventi di altri oratori per circostanze diverse: “la dignità dell’ambone esige che adesso salga solo il ministro della Parola” (n. 309).
Infine la sede, il luogo del celebrante. In modo molto chiaro il Concilio, da cui questo testo è ispirato afferma: “Si eviti ogni forma di trono” (n. 310). L’importanza della sede non è data da un prestigio mondano, ma dal motivo liturgico: chi presiede lo fa “in persona Christi”, cioè a nome di Cristo, pur nella consapevolezza della fragilità della natura umana. Per cui quando battezza, celebra, assolve il nostro Don Ambrogio, è Cristo stesso che battezza, celebra, assolve, in virtù del sacerdozio di Cristo di cui ogni presbitero viene reso partecipe dal giorno dell’ordinazione. Ecco il Signore Gesù entra nella nostra vita, come in quella di Zaccheo, e la casa di costui, diventa il luogo dove il Signore ama e salva.
Ho richiamato all’importanza di questi luoghi perché in essi si plasma la vita cristiana, anche se tutto inizia dal battistero, e non ho citato la penitenzeria per la celebrazione del Sacramento della Riconciliazione, né il tabernacolo, per l’adorazione eucaristica e perché in esso si conservi il Corpo del Signore per gli ammalati e il viatico. Tornando al brano evangelico voglio ricordare che anche noi come Zaccheo, siamo amati senza il nostro merito, riceviamo il dono di un Dio che si china su di noi, prima ancora di dirgli i nostri propositi di vita nuova: la Grazia di Dio ci previene. Inoltre la Grazia di Dio ha i suoi effetti: la vita di Zaccheo cambia, egli restituisce quello che ha rubato, dona ai poveri, diventa un’altra persona: dalla vita sacramentale deve nascere una vita nuova. Quale è il segreto: la preparazione ai sacramenti e l’accompagnamento. È per questo che occorre prepararsi adeguatamente, senza sconti, con una catechesi che ha i suoi tempi, perché altrimenti si svilirebbero i Doni che riceviamo da Dio, con una leggerezza che è riprovevole.
I sacramenti vanno ricevuti nella propria parrocchia, perché in essa si deve assicurare l’accompagnamento mistagogico, che ha bisogno di tempo e, nel rispetto della vita ecclesiale, nessuno deve passare da una chiesa parrocchiale ad un’latra come se si trattasse della richiesta di una “migliore offerta”. La bontà di una vita parrocchiale si vede anche da questo! E allora i sacramenti plasmeranno la comunità cristiana, degna del Suo Signore.
Sia questo tempio, rinnovato nelle forme e risanato dai danni causati dall’intemperie, il luogo nel quale ciascuno possa gustare come Zaccheo la misericordia di Dio, e dove il popolo unito attorno al suo pastore, si nutre dei Divini Misteri, per dare testimonianza di comunione e carità al mondo!
+ Luigi