Pace a voi! Il saluto del Risorto e i suoi ambasciatori

Carissimi fratelli e sorelle della Chiesa di Catania,

carissimi presbiteri, diaconi, religiose e religiosi

carissimi fratelli e sorelle che nella Città e nel territorio etneo condividete la splendida avventura della vita,

vi auguro che vi raggiunga in ogni situazione nella quale vi trovate, il primo saluto che il Signore Risorto diede ai suoi apostoli la sera di Pasqua: “Pace a voi!” (Gv 20, 19). Le parole di Cristo raggiunsero quegli Undici uomini delusi e impauriti chiusi come in un bunker, desiderosi di rivedere il loro Maestro barbaramente ucciso, ma incapaci di andare a cercarlo. Gesù entrò mentre quelle porte erano chiuse e li salutò in modo tale da rappacificarli con Lui, con la storia e l’umanità. Per questo il saluto del Risorto ci è necessario, perché ciò di cui abbiamo più bisogno è questa pace che viene da Dio: è la shalom, la completezza dei beni che l’umanità può desiderare e che oggi irrompe dalle nostre chiese al termine delle liturgie pasquali.

“Pace a voi!” Solo il Cristo riesce a portare la pace dove le porte sono chiuse e a donarla in maniera diversa da come la dona il mondo, che si aspetta che avversari e nemici dichiarino la resa e pretende anzi un tappeto rosso per offrire riconciliazione e perdono. Cristo ha già “forzato” le porte della morte e quelle della cattiveria di chi lo ha arrestato, della viltà di chi lo ha condannato, della violenza di chi lo ha crocifisso, della pochezza di chi lo ha abbandonato. Ha “forzato” tutto ciò con la sua mitezza, con parole e gesti che hanno donato riconciliazione anche nel momento drammatico della croce, ed ecco che la sera di Pasqua non gli rimane che raccogliere il frutto di questi tre giorni e portarlo ai discepoli e all’umanità e dire “Pace a voi!”

L’evangelista Giovanni dice che agli Undici stupiti ed increduli mostrò le piaghe e il costato, documenti indelebili d’amore, perché le ferite che la guerra lascia nelle città bombardate o nei villaggi africani bruciati, nei cuori spezzati da un amore tradito, una violenza subita, stentano a cicatrizzarsi, ma quelle del Risorto, sanate dall’Amore che salva, diventano “feritoie di luce” (don Tonino Bello), dalle quale traspare un modo diverso di vivere.

E allora l’augurio che vogliamo farci in quest’anno è che ciascuno possa accogliere il saluto di pace di Cristo e lasciarsi disarmare da questo annuncio. Accogliamolo in famiglie che vivono nella pace, perché si accorgano di avere la shalom, somma di tutti i beni, e sappiano considerare superfluo tutto il resto. Accogliamolo nelle famiglie dove si soffre per malattie, incomprensioni, povertà e mancanza di lavoro, e si è arrabbiati con tutti, forse anche con Dio. Giunga il messaggio di pace nei luoghi di pena, dove uomini, donne e ragazzi si stanno riconciliando con la vita e con il futuro. Giunga nelle aule dei nostri Consigli comunali, dove si organizza con fatica il bene comune, e si senta che la naturale conseguenza per aver sostenuto tante manifestazioni di pace, impegna a preservare le comunità da ogni conflitto, sconfiggendo le povertà che la attanagliano. Giunga la pace nei quartieri dove non risuonano voci di festa tra le strade, ma si muovono sinistri venditori di morte, che forse spareranno fuochi d’artificio perché un altro carico di droga è arrivato, ignorando che stanno festeggiando la loro sconfitta di fronte alla vita. Risuoni dove i nostri ragazzi che hanno abbandonato la scuola si educano per strade che non possono insegnare loro niente e attendono che noi ci prendiamo maggiormente cura di loro. Giungerà questo annuncio di pace e sul canto sinistro di Lamech, che prometteva settanta volte sette vendetta, si imponga il comando di Cristo di offrire settanta volte sette il perdono (cf. Mt 18,21s).

Ma chi porterà questo messaggio da Cristo nei nostri quartieri, fuori dalle nostre chiese dove risplende il cero pasquale? Chi lo porterà ogni giorno, perché la Pasqua trasbordi nei giorni più grigi, nelle strade più buie, dove la Luce della speranza, come ho visto in tanti quartieri, si è già accesa in modo fioco, ma significativo? Saremo noi, coloro che credono nel Risorto, che hanno seguito un Messia che si è lasciato sconfiggere rimanendo mite: gli chiederemo di essere il suo popolo, di uomini e donne miti, che hanno fame e sete di giustizia, che edificano la pace.

Che in ogni cuore risuoni l’annuncio di pace di Pasqua e ogni credente se ne faccia ambasciatore!

Vostro,

+Luigi Renna

 Arcivescovo di Catania

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