di don Giuseppe Longo
La sera di martedì 5 aprile è ripresa, dopo la pausa imposta dal lockdown dovuto alla pandemia, la “Via Crucis del lavoro…e della pace” presieduta dall’Arcivescovo Mons. Luigi Renna e curata dall’Ufficio diocesano per i problemi sociali e il lavoro, diretto da don Piero Sapienza.
Il pio esercizio devozionale della Via Crucis in Cattedrale ha fatto ripercorrere la Strada che Gesù, portando la croce lungo le XIV stazioni, fece dal tribunale, dove Pilato lo aveva condannato a morte, fino alla collina del Calvario, dove venne crocifisso.
Alla nutrita assemblea si sono unite oltre alle quattro sigle sindacali della CISL, della UGL, della CGIL e della UIL, anche la Confcooperative, il movimento cattolico Pax Christi e MCL, il Movimento Cristiano Lavoratori.
I rappresentanti di tutte le associazioni e i gruppi presenti hanno commentato le XIV stazioni che man mano venivano visualizzate su un maxi schermo posto ai piedi del presbiterio.
Alla luce della Parola di Dio, la Via Dolorosa del Signore è quella di ogni donna e di ogni uomo che affrontano nella loro storia quotidiana il dramma della sofferenza per la mancanza di lavoro o per la sua precarietà, come quella per i diritti negati, è una sofferenza che Cristo ha assunto con la sua croce nelle dolorose tappe della sua Passione: la fatica del lavoro; il lavoro della donna; i volti degli ultimi e degli oppressi; le lacrime delle madri per lo sfruttamento dei minori; il lavoratore spogliato della sua dignità ovvero la negazione del primato dell’uomo sul lavoro e il capitale; l’alienazione sull’esempio illuminante del magistero di Papa Francesco allorché denunzia che al centro dell’attuale sistema economico c’è un idolo, il denaro, e il mondo è diventato idolatra del dio-denaro, e così si crea la cultura dello ‘scarto’; il dolore del popolo ucraino e di tutte le nazioni dilaniate dalla guerra, attraversati da indicibili violenze a causa della sete di potere e di sopraffazione di pochi potenti della terra.
Alla fine l’Arcivescovo ha voluto consegnare all’assemblea una sua riflessione sulla figura del Cireneo e sul grande valore della solidarietà. Di seguito si riporta il testo integrale:
Riflessione al termine della Via Crucis del mondo del lavoro di Mons. Luigi Renna
Carissimi fratelli e sorelle, al termine di questo momento di preghiera, voglio richiamare la nostra attenzione su quell’uomo che, tornando dal lavoro dei campi, ci dice il Vangelo secondo Luca 23, 26, è costretto a portare la croce di Gesù.
È Simone di Cirene, un lavoratore come voi, che ritorna a casa dopo una giornata di fatica che deve essere iniziata molto presto, desideroso a quell’ora solo di prendere un boccone di riposarsi.
E invece no: i soldati lo costringono a condividere la croce di Cristo per un tratto di strada. Condivide la croce con Colui, il Figlio di Dio, che ha fatto sue le sofferenze di ogni uomo, ed è divenuto solidale con tutti i dolori che abbiamo passato in rassegna, stazione dopo stazione: quelli dei precari, dei disoccupati, dei Neet, degli schiavi, degli immigrati, di coloro che hanno perso tutto ciò che dava loro dignità in Ucraina e in ogni luogo dove la guerra cancella ogni attività, coloro che non sono morti circondati da cure, ma con indosso la tuta della loro professione. Il Cireneo e Cristo ci insegnano che il più grande valore che possiamo portare nel mondo del lavoro è la solidarietà, quella che unisce persone che sono gravate dalla stessa croce.
La Chiesa, nella sua Dottrina sociale, fa due affermazioni sulla solidarietà quanto mai importanti oggi. Anzitutto che essa è un principio sociale che deve ordinare le istituzioni, affinché le strutture di peccato che schiacciano l’umanità siano superate e trasformate da strutture di solidarietà (Cfr. Compendio, n. 193). Il nostro impegno non può fermarsi agli slogan, ma a far si che a livello strutturale si superino le problematiche: si diffondono attraverso il dialogo e le buone pratiche. Le nostre giuste rivendicazioni, le manifestazioni e i tavoli affinché non chiudano imprese o affinché i contratti di lavoro siano equi, non possono muoversi nella logica dell’interesse di categoria, di appartenenza ideologica o di territorio geografico! Sarebbe la negazione della solidarietà, perché i diritti di chi lavora sono uguali ovunque e per chiunque! E le strutture di peccato che negano i diritti, sono come piante che hanno radici lontane, che affondano nei campi dove spadroneggia il caporalato o nelle piantagioni delle monoculture delle multinazionali. Curare le strutture di solidarietà è il compito di voi politici, dei sindacati, degli economisti! Solo quando ci sarà la solidità di una politica del lavoro e di una politica fiscale, sarà possibile creare quei meccanismi virtuosi che spazzano via il lavoro nero, gli appalti appetibili dalle mafie, i “vuoti” cioè ritardi delle politiche di sviluppo.
La Dottrina sociale ci dice anche che la solidarietà è una virtù, la volontà ferma e costante di attuare il bene comune (cf ivi). Come utilizziamo poco questa parola: virtù! Eppure ci qualifica dal punto di vista etico. O si è virtuosi o si è viziosi! Se chi vuole costruire una struttura di solidarietà non coltiva nel suo cuore la virtù di chi ha a cuore il bene comune, di chi ha compassione, non potrà essere un Cireneo, ma sarà in qualche modo colui che lascia i “poveri cristi” soli sotto la croce. Rivediamo con gli occhi del cuore l’incontro fra Simone di Cirene, l’uomo del lavoro, e Gesù Cristo, il figlio del carpentiere. Sia il modello del nostro procedere nella storia uniti. Avete presente il quadro di Pelizza da Volpedo, il “Quarto stato”? Io mi immagino che in mezzo a quella folla che avanza c’è Gesù Cristo, che porta la croce insieme al cireneo, e insegna a quegli uomini e a quelle donne a camminare uniti verso la Pasqua di ogni liberazione integrale dell’umanità. Uniti sotto la croce, solidale, incamminati verso il calvario, ma anche verso il giardino dove la pietra sarà rotolata dal sepolcro tre giorni dopo.
Con la nostra solidarietà annunciamo la Pasqua, vittoria di Cristo e dell’uomo sul peccato e le strutture che lo consolidano e testimoniamo che la sua Forza sta cambiando la storia.
Buona Pasqua, cari uomini e donne del lavoro!