di Giuseppe Adernò
L’ Istruzione della Congregazione per la Educazione cattolica, sul tema “L’identità della Scuola Cattolica per una cultura del dialogo”, in linea di continuità con le precedenti “istruzioni”
offre specifiche indicazioni alle istituzioni che in tutto il mondo si fregiano del nome “scuola cattolica” e che devono affrontare il problema del rapporto con altre religioni e con la diffusa laicità che caratterizza la società contemporanea.
Alla raccomandazione di fondare e sostenere le scuole cattoliche, come si legge anche nella dichiarazione conciliare del Vaticano II “Gravissimun educationis” (28 ottobre 1965) si aggiunge in maniera coinvolgente la partecipazione attiva dei genitori, che esercitano la “responsabilità della scelta educativa” nel voler assicurare ai propri figli una ben definita formazione culturale e sociale all’interno di una “comunità scolastica”, nella quale viene ben definito il progetto educativo della formazione integrale e dell’articolato e coerente Piano dell’offerta formativa.
La prassi della sottoscrizione del “Patto di corresponsabilità educativa” che oggi investe anche la scuola statale, nella scuola cattolica sollecita uno specifico impegno educativo nella costante ricerca del “miglior bene dello studente” che a scuola “cresce, diventa uomo, apre i suoi occhi al vero, scopre la dimensione dei valori e dell’Assoluto”.
Il documento pontificio, suddiviso in tre parti, analizza la missione evangelizzatrice della Chiesa come madre e maestra; si sofferma sui compiti, ruoli e funzioni di quanti operano nel mondo scolastico e analizza alcuni punti di criticità, nel contesto del mondo globalizzato e multiculturale contemporaneo.
Aperta a tutti e nell’ottica di “una profonda carità educativa“, la scuola cattolica, per rispondere alla dilagante emergenza educativa ha bisogno di educatori, laici e consacrati, che siano “competenti, convinti e coerenti, maestri di sapere e di vita, icone imperfette, ma non sbiadite dell’unico Maestro”. L’intreccio di “Professionalità e Vocazione”, consente di mettere in atto “la grammatica del dialogo” e di insegnare ai giovani la giustizia, la solidarietà e, soprattutto, “la promozione di un dialogo che favorisca una società pacifica”.
Vera e propria “bussola” della società, la scuola cattolica adottando “la cultura della cura” forma persone dedite all’ascolto, al dialogo costruttivo e alla mutua comprensione, veicolando quei “valori fondati sul riconoscimento della dignità di ogni persona, comunità, lingua, etnia, religione, popoli e di tutti i diritti fondamentali che ne derivano”.
Riguardando non soltanto la scuola italiana, ma l’intero pianeta, viene sottolineato come a causa del doppio inquadramento normativo: canonico e statale-civile, in alcuni Stati vengono imposte alle istituzioni cattoliche, che operano nella sfera pubblica, comportamenti non consoni che mettano in dubbio la credibilità dottrinale e disciplinare della Chiesa. Si legge nel documento: Si verificano anche casi in cui le leggi statali impongono scelte in contrasto con la libertà religiosa e la stessa identità cattolica di una scuola. Pur nel rispetto dei diversi ambiti, è necessaria una ragionevole azione di difesa dei diritti dei cattolici e delle loro scuole sia attraverso il dialogo con le autorità statali, sia mediante il ricorso ai tribunali competenti”.
La cultura e la prassi del dialogo, come Patto Educativo Globale, (PEG) diventa la connotazione dell’identità della scuola cattolica che accoglie, istruisce, educa e forma la persona umana, cittadino e cristiano, svolgendo la missione evangelizzatrice e contribuendo alla costruzione di un mondo più umano e più fraterno. “Il dialogo”, afferma il Card. Giuseppe Versaldi, prefetto della Congregazione per l’Educazione cattolica “è una parte fondamentale dell’identità cattolica” e quindi la scuola è aperta a tutti e come diceva Don Bosco “educare è questione di cuore”.
In questi anni si è registrato come tantissime scuole cattoliche hanno chiuso i battenti, spegnendo un faro di luce e privando le città di una presenza educativa che storicamente ha formato intere generazioni. Nel documento, infatti, si raccomanda: “Per le istituzioni scolastiche gestite da religiosi o laici, prima della chiusura o dell’alienazione, è altamente auspicabile consultare il Vescovo e trovare insieme alla comunità educante le vie praticabili per poter offrire ancora la loro preziosa missione”
Questa raccomandazione risuona quasi un richiamo a tante realtà ecclesiali che sono rimaste estranee alla decisione di chiusura di tante prestigiose scuole cattoliche, spesso per motivi economici e carenza di vocazioni.
Nella conclusione, il documento evidenzia come le scuole cattoliche «costituiscono un contributo molto valido all’evangelizzazione della cultura, anche nei Paesi e nelle città dove una situazione avversa stimola ad usare la creatività per trovare percorsi adeguati», perché, come afferma Papa Francesco, «educare è dare al presente la speranza».