Una momento di preghiera per la pace in Ucraina. In una cattedrale affollata la città si unisce in un grande appello per la pace guidato dall’Arcivescovo S.E. Mons. Luigi Renna. A seguire le parole pronunciate durante la preghiera:
Avevamo fiducia che non ci sarebbe stato più bisogno delle espressioni di monito sulla guerra che abbiamo ascoltato in altri tempi dal Papa, ma purtroppo non è così. In modo particolare sentiamo attuali le parole di Papa Giovanni Paolo II, che ha definito la guerra “avventura senza ritorno” (Udienza generale del16 gennaio 1991): oggi rischiamo di veder realizzato questo pericolo, in una escalation di violenza e di dichiarazioni di forza che frenano il dialogo tra le parti. Ma il monito che risuona ancora più forte ed attuale è quello di San Giovanni XXIII nella “Pacem in terris” nel 1963, in un contesto storico nel qual si era scongiurato un conflitto tra Est ed Ovest che sarebbe stato il triste epilogo della “guerra fredda”. Nel testo latino, non sempre tradotto correttamente, papa Roncalli affermava: “aetate nostra quae vi athomica gloriatur”: nella nostra epoca che si gloria della forza atomica; “alienum est a a ratione”: è una follia “ bellum iam aptum esse ad violata iura sarcenda”: una guerra finalizzata a riparare i torti subiti. (cf GIOVANNI XXIII, Pacem in terris, 291). Anche noi oggi vediamo profilarsi la possibilità dell’uso della forza atomica come un deterrente che è frutto di una strategia del terrore che ha la sua forza nel possesso delle armi nucleari,e riteniamo che sia una follia.
Noi siamo qui per pregare il Dio della pace, colui che dona la shalom, condizione e sintesi dei beni di cui tutta l’umanità può godere
siamo qui per invocare il Principe della pace, Cristo Signore, perché con la forza dello Spirito Santo illumini le coscienza di Putin e di chi combatte con lui e per la nazione russa, affinché comprendano che il loro nome sarà in benedizione, saranno veri eroi, se in questo momento sapranno deporre le armi e tornare a trattare, per cercare vie ragionevoli a tutela di quei diritti che ritengono essere stati violati. Preghiamo perché il dovere di difendere gli innocenti, la legittima difesa, le sanzioni, siano sapientemente proporzionate e non vadano oltre queste giuste intenzioni ed azioni. Preghiamo affinché l’Organizzazione delle Nazioni Unite sia un arbitro autorevole in questo conflitto. Abbiamo ascoltato nei giorni del Convegno di Firenze sul Mediterraneo, che un uomo di fede, figlio di questa terra di Sicilia, Giorgio La Pira, definiva la preghiera “più potente della bomba atomica, perché la bomba atomica è capace di distruggere il mondo mentre la preghiera arriva al cuore di Dio”. Forti di questa convinzione, facciamo nostre le espressioni del Salmo 126 e ripetiamole spesso in questi giorni: “Se il Signore non costruisce la casa, invano faticano i costruttori”. Sì, se la casa comune non è costruita con il Signore, il Padre che vuole non la morte, ma la vita di tutti i suoi figli, invano fatichiamo, perché tante volte cementiamo le nostre relazioni con gli equilibrismi e non con la fraternità, circondiamo di mura le nostre città e non le dotiamo di ponti, cerchiamo di far crescere il Pil, senza preoccuparci se ci sono degli esclusi. “Il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno”, afferma il salmista in modo paradossale, e ci invita a far sopire l’egoismo, il mero interesse, lo sguardo distratto sul prezzo che pagano i poveri quando si costruisce Babele, piuttosto che la città dell’uomo. “Ecco dono del Signore sono i figli”: lo sanno quelle mamme che varcano con i loro bambini i confini dei loro Paesi, come anche i padri che sono restati per difendere la loro terra. I figli sono un dono che è stato strappato ai genitori, in una nuova strage degli innocenti, sotto il fuoco dei bombardamenti. Accogli, Signore le lacrime di questi uomini e di queste donne, di vecchi e bambini, e rendici beati se saremo capaci di piangeremo con loro.
Noi siamo qui perché la preghiera ci cambi il cuore e ci disarmi.
Le beatitudini proclamate da Gesù Cristo disarmano le nostre coscienze da ogni velleità di violenza e di guerra. Beati i miti, perché la terra non è di chi la conquista o la sottrae ai fratelli, ma di quelli che creano le condizioni perché tutti possano abitarla ed ereditarla. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché il Signore è dalla loro parte e saranno saziati da un Dio che indica e percorre sentieri di pace. Beati i misericordiosi, perché sanno tendere la mano dopo l’offesa e sanno che solo nella riconciliazione c’è possibilità di futuro. Beati gli operatori di pace, perché a qualunque popolo appartengano, sono figli di Dio, portano sul loro volto lo splendore del volto del Padre. Beati i perseguitati, quelli che oggi sono arrestati, messi a tacere, costretti alla fuga, perché il Regno di Dio e il futuro dell’umanità avanza grazie a loro. Le beatitudini sono la grande utopia del Vangelo che diventa realtà in momenti difficili come questi. Lasciamoci disarmare dalle beatitudini.
Noi siamo qui perché vogliamo avere un pensiero cristiano sulla pace, sulla guerra, sull’uso delle armi, sull’ordine internazionale.
Vogliamo avere un pensiero comune, che non attinga banalmente a qualunque ideologia, ma che rispecchi il Vangelo e attinga all’ l’insegnamento della Chiesa. Papa Francesco ha affermato nel Messaggio della Giornata della Pace del 2022: “In ogni epoca, la pace è insieme dono dall’alto e frutto di un impegno condiviso. C’è, infatti, una “architettura” della pace, dove intervengono le diverse istituzioni della società, e c’è un “artigianato” della pace che coinvolge ognuno di noi in prima persona.” Noi cristiani siamo nella quotidianità gli artigiani, ma dobbiamo avere una idea di “architettura della pace”. Ognuno si interroghi: la politica a cui aderisco, che mondo di pace vuole costruire? Che idea ha delle politiche internazionali? Delle ami? Dell’economia? A proposito delle armi, faccio mie le dichiarazioni del mio fratello nell’episcopato mons. Ricchiuti, Presidente nazionale di Pax Christi, preoccupato come tanti per l’invio nei Pesi in guerra delle armi, una scelta che sta ancora di più inasprendo il conflitto: “Mi sembra che qui si vedano ben chiari i grandi interessi delle lobby delle armi. Non per niente da tempo sono in aumento le spese militari. Non ci sono i soldi per tante necessità ma per le armi si trovano sempre. E si decide addirittura di destinarle a zone di guerra, rendendoci, secondo alcuni esperti analisti, un Paese ‘belligerante’.” La legittima difesa è necessaria per difendere i civili, ma occorre vigilare perché non si crei una strategia nella quale la deterrenza porti davvero ad una avventura senza ritorno. A tale proposito il Compendio della Dottrina sociale afferma: “L’accumulo delle armi sembra a molti un modo paradossale di dissuadere dalla guerra eventuali avversari. Costoro vedono in esso il più efficace dei mezzi atti ad assicurare la pace tra le nazioni. Riguardo a tale mezzo di dissuasione vanno fatte severe riserve morali. La corsa agli armamenti non assicura la pace. Lungi dall’eliminare le cause di guerra, rischia di aggravarle ».
Mentre preghiamo affinché cessi la guerra, manifestiamo vicinanza al popolo ucraino che oppone resistenza all’invasione, ai tanti ucraini che vivono a Catania e nella nostra Isola e che sono in particolare apprensione per i loro cari. A loro promettiamo solidarietà ed accoglienza, perché su questa sponda del Mediterraneo possano sentirsi sempre nostri fratelli e mai stranieri.