Prospettive

L’Arcivescovo Renna in visita all’ospedale Cannizzaro: «Lavorare sempre con scienza e coscienza»

di Don Giuseppe Longo

Oggi davanti all’ingresso dell’aula liturgica dell’Ospedale Cannizzaro un pubblico d’eccezione ha accolto S. E. Mons. Luigi Renna, Arcivescovo di Catania, nella sua prima visita ufficiale nei grandi nosocomi etnei.

Mons. Renna, arrivato qualche istante prima dell’Assessore regionale alla Sanità, avv. Ruggero Razza, ha ricevuto il benvenuto del Direttore Generale del presidio ospedaliero, dott. Salvatore Giuffrida. Hanno fatto gli onori di casa anche la dott.ssa Diana Cinà, Dir. Sanitario e il dott. Giuseppe Modica, Dir. Amministrativo.

Ad attendere l’Arcivescovo all’interno dell’aula liturgica per la partecipazione alla S. Messa oltre alle tante autorità della Sanità cittadina – fra gli altri il dott. Giuseppe Di Bella e il dott. Antonino Rapisarda, rispettivamente Dir. Generale e Dir. Sanitario dell’ASP di Catania, il dott. Fabrizio De Nicola. Dir. Generale Osp. Garibaldi e il dott. Gaetano Sirna, Dir. Generale Osp. Policlinico – San Marco -, tanti volontari dell’AVULSS, del VOI, della Misericordia ed un nutrito numero di medici.

Don Mario Torracca, vero mattatore della preparazione dell’evento, all’inizio della S. Messa con una introduzione ha ricordato i 22 anni di presenza al Cannizzaro, prima come cardiologo e successivamente nella qualità di cappellano ospedaliero, soffermandosi sulle numerose attività che tendono, per quanto possibile, ad armonizzarsi con i ritmi dell’anno liturgico, ringraziando in particolare i volontari dell’Opera diocesana Assistenza Infermi del beato card. Benedetto Dusmet, che cercano di alleviare la sofferenza della solitudine nella quale si immerge il malato trincerandosi in quell’angusto spazio di poco superiore al metro del suo letto.

Mons. Renna all’inizio dell’omelia ha sottolineato di aver sentito come un dovere nei primi giorni del suo arrivo a Catania recarsi nella struttura ospedaliera da dove, in un momento così delicato della nostra storia, sono passati molti malati di covid, alcuni dei quali sono stati guariti mentre altri non ce l’hanno fatta, ricordando in particolare la propria madre. Questa visita rappresenta un’incoraggiamento per i medici in prima linea e i volontari”, ed, altresì, “motivo di speranza per i tanti malati” accolti nelle varie corsie dell’ospedale.

L’Arcivescovo, citando una nota espressione di Papa Francesco “Chiesa ospedale da campo”, esalta il ruolo avuto durante la pandemia delle strutture sanitarie che hanno operato secondo gli impulsi della ricerca scientifica. E non “deve meravigliare che la Chiesa ponga fiducia nella scienza guidata dalla ragione, perché anch’essa come l’uomo e ogni cosa creata sono opera di Dio”.

Bisogna rivolgersi ad “una scienza al servizio della persona accettando quelle cure che fanno sì che la vita umana sia preservata e salvaguardata, prescindendo da ogni forma di accanimento”.

Quindi scienza e coscienza, e proprio da quest’ultima nascono le prerogative della nostra umanità e “la ricchezza dei nostri valori che pongo al centro la persona” alla quale Dio ha preordinato la creazione stessa. Infatti “il Dio in cui crediamo è quel Dio che si è fatto uomo”.

L’odierna pagina del Vangelo di Marco ci riporta le parole di Gesù, il quale chiama beato colui che riesce a dare solo un bicchiere d’acqua a coloro che sono suoi discepoli, perché ciò è fatto a Cristo stesso.

Quindi il dare un bicchiere d’acqua e dare delle cure costituisce quotidianamente il cammino verso la beatitudine dalla quale nessuno è escluso a priori. Perché non bisogna dimenticare mai che “dietro ogni malato c’è sempre il volto di Gesù Cristo sofferente”.

“La fede ha sempre davanti a sé due immagini il medico, che è Cristo, e il malato, che è sempre Cristo”, proprio per “il mistero dell’Incarnazione possiamo riconoscere nell’altro il volto di Gesù”.

Il bicchiere d’acqua è espressione della cura, non solo come medicina, ma, anche, come attenzione all’altro ed in particolar modo ai piccoli, nei confronti dei quali bisogna usare misericordia nell’accezione “dare il cuore ai miseri”, che oggi posiamo riconoscere come gli anziani e i malati terminali. “Bisogna evitare che l’età possa essere discriminante nel decidere se fornire o meno una cura”.

Mons. Renna conclude invocando la benedizione su questa struttura ospedaliera perché tutti gli operatori sanitari agiscano non solo con scienza, ma, anche, con coscienza, prendendosi cura del malato dignitosamente in tutte le fasi della sofferenza: fisica, psicologica e spirituale.

La visita dell’Arcivescovo all’Ospedale Cannizzaro si è conclusa con un rapido giro per i diversi reparti soprattutto al pronto soccorso, al reparto di terapia intensiva e al reparto covid.

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