di Don Antonino De Maria
Il racconto giovanneo di quel primo giorno della settimana nel quale il Viandante Risorto va incontro ai suoi discepoli ci mette di fronte ad un dato che può sembrare secondario ma forse non lo è: “ La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei giudei…” (Gv 20, 19).
Quel luogo probabilmente è lo stesso dove si era consumata quella cena pasquale, l’ultima prima del suo ritorno (ogni eucarestia è dilatata al mistero escatologico del suo ritorno – nell’attesa della sua venuta); in quel gesto e nelle sue parole era stato svelato e consegnato il mistero della sua offerta, del suo morire per tutti e del suo risorgere perché tutti potessero vivere della sua stessa risurrezione e non soltanto attenderla. In quello stesso luogo ora ci sono i discepoli impauriti e quel luogo è sigillato, apparentemente al sicuro da un nemico presunto, esterno. Finché il Viandante risorto non entra e non sta in mezzo a quei cuori morti, addolorati, sconfitti e impauriti. Pace a voi – non abbiate timore io sono, non soltanto io sono qui, ma io sono il vivente in mezzo a voi. E quello che sembrava un luogo di morte, una tomba dove si fa memoria di un morto, torna la gioia della Vita, inaspettata, dono imprevedibilmente gratuito della tenerezza di Dio. Immediatamente il Viandante li costituisce in relazione con lui, con la sua missione: ed è dal Padre che tutto questo viene. Ma per essere mandati occorre essere fatti partecipi della sua vittoria, della sua resurrezione. Per questo Gesù, come Dio su Adamo, soffia lo Spirito della Vita, lo Spirito della resurrezione, della rinascita, e un uomo nuovo appare conformato a Lui e una nuova comunità appare, vivente e trasfigurata dal suo Spirito e perciò capace di far rinascere, di far risorgere i morti, di donare la vita.
Ogni volta che ci lasciamo afferrare dallo Spirito celebrando il mistero pasquale insieme, certi che Lui è presente, noi risorgiamo dalle nostre morti, entriamo nella comunione con Lui e tra di noi per annunciare al mondo che Egli è vivo e vivifica: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Come il Padre ha mandato me per essere il Pane della Vita, il Crocifisso-Risorto, Spirito Datore di Vita, cosi anche voi. Spalancate le porte del Cenacolo, svuotate la tomba, non restate al sicuro per la vostra paura. Andate…
La comunione con Cristo e tra di noi è la grazia che fa nuove tutte le cose perché non nasce da una pianificazione, da un convergere di volontà, di interessi, di scelte condivise: è frutto di quello Spirito che fa vivificare le ossa aride della visione di Ezechiele 37: le ossa aride che eravamo noi prima di ricevere il dono pasquale dello Spirito. Perché il mondo veda: perché al mondo sia mostrato ciò che attende di vedere.
Eppure può accadere che i nostri cenacoli pieni di fumi e di solennità siano solo memoriali di un morto, nella paura di andare fuori a gridare a questo mondo: Cristo è Risorto, è veramente risorto. Così scambiamo il nostro culto spirituale in una ritualità pseudomistica o sclerotica, piena di pesi e senza amore. Perché un morto non ama, giace inerme: testimonianza di una speranza svanita.
Per questo Papa Francesco ci invita ad uscire dalle nostre sacrestie, le nostre stie sacre, con i loro arredi lucenti che continuiamo a lucidare, pensando così di onorare Dio. Ci dimentichiamo che come diceva Ireneo di Lione, la gloria di Dio è l’uomo vivente nel quale si manifesta l’amore del Risorto che vivifica, che fa rinascere. L’uomo crocifisso e risorto che può parlare agli uomini di questo tempo mostrando le sue piaghe e annunciando Colui che lo ha curato, per-donato cioè liberato dalla morte.
La comunione è lo splendore di questa vita nella quale la Trinità dell’Amore ha trovato spazio, dimora; in essa brilla quella luce che, nella sua confusa ricerca di felicità, l’uomo non riesce a trovare altrove. La bellezza che attrae perché è lo splendore dell’Uomo. Questo tempo sinodale sarà fruttuoso se faremo spazio al Risorto e all’altro del quale non dobbiamo avere paura perché Cristo ne ha preso il Volto. L’altro è Cristo