Considerazioni sul ruolo della Chiesa siciliana e catanese, tra l’età moderna e contemporanea, e ancora negli anni pre e post unitari, in ‘regime di Apostolica legazia, e in essa quello avuto dai benedettini.
Riprende, tra gli altri, le considerazioni di storici, quali Penco e Collura, che si interrogano sull’apporto del monachesimo alle più avanzate prospettive storiografiche della chiesa contemporanea e non solo in Italia. Ancora sul contributo dato anche dal clero religioso o regolare alla spiritualità siciliana così polifonica nelle tradizioni diverse e al formarsi di un modello di preti zelanti, “apostoli della Carità”, a dire della Falzone, non meno significativo di quello più celebrato della chiesa continentale.
Lo studio – che si inserisce nel solco di quelli avviati da Longhitano e Zito, sulla chiesa “nazionale “siciliana e catanese in specie quella monastica – evidenzia e definisce giuridicità e confini della Signoria monastica di Santa Maria di Licodia e di san Nicola l’Arena di Nicolosi e poi di Catania.
Egli mostra al lettore una prima ricognizione di alcune figure di benedettini, rampolli religiosi delle élite urbane riformiste aristocratiche e notabiliari , protagonisti diversi di una sorta di cenacolo monastico che alle antiche riflessioni patristiche a precorrere la “Riforma”, preferiscono ormai cimentarsi con le arti liberali, il collezionismo, lo sperimentare le scienze naturali e curare il loro modello di welfare.
Di essi, evidenzia la figura di Giacomo Maggiore di santa Barbara, e ne ricostruisce i tratti salienti della sua vita, la poliedrica personalità di cassinese e abate, scienziato e pastore zelante, antesignano di una chiesa leonina, speculare al Dusmet ma dimenticato. Parafrasi e protagonista di questo studio che tende a far chiarezza di un tempo controverso, romanzato più che indagato, rendergli giustizia e paragone per l’oggi.