di Don Antonio De Maria
Mi ha sempre colpito un passo di Gv 3: “14 E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15 perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».
16 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. 17 Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. 18 Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. 19 E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. 20 Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. 21 Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.” La missione del Figlio è essere innalzato come il serpente, visibile a tutti, perché chiunque crede che Lui è il Cristo, cioè è Colui che ha il potere di vincere il male e dare la vita che viene dall’alto la possa ricevere. Dio Padre non vuole la morte dell’uomo e manda il Figlio eppure non può impedire che Lo si rifiuti. Infatti il giudizio è frutto di questo rifiuto, del preferire liberamente le tenebre alla luce, il proprio giudizio al giudizio dell’amore. Per questo Cristo resta eternamente innalzato, morto e risorto, posto in alto, visibile, senza preferenza di persone, senza esclusivismi. È una posizione scomoda per chi vorrebbe un giudizio netto da parte di Dio, una preferenza per i giusti (cioè per coloro che si credono tali e giudicano gli altri). Troppo spesso ci dimentichiamo che questa luce, questo amore crocifisso e risorto, cerca innanzitutto i peccatori con una tenerezza divina. Ma non diciamo tutti di essere peccatori? Mah, in realtà, pensiamo troppo spesso che altri lo sono più di noi, più peccatori, più lontani dall’essere destinatari di questo Amore. E non capiamo e non ci convertiamo.
La missione della Chiesa non è quella di fare preferenze di persone, di pre-giudicare a chi va indirizzato il kerygma, cioè l’annuncio di salvezza che porta ad incontrare nella fede e realmente il Cristo, senza che questo sia uno svendere Cristo, un cedere, come direbbe Paolo, uno spazio a Belial.
A tutti la Chiesa va con la tenerezza dell’amore di Cristo perché quell’amore è già per loro, come il Padre non vuole la morte del peccatore, non vuole la morte della sua creatura più amata; come una madre che piange per i suoi figli, o un padre che attende sulla soglia della porta di casa il figlio che ha perso tutto ma che torna.
In questo clima di contrapposizione ideologica anche la lettera a mons. Martin, controverso personaggio per certi versi, del Papa è l’indicazione di un metodo, di uno sguardo che si rivolge alle persone non alla loro ideologia, rifiutata già come tenebra che fa del male all’uomo e gli impedisce di accogliere la luce di Cristo. Nessuna schizofrenia papale.
Lo stesso vale per la lettera al card. Marx che è un invito a centrare tutto su Cristo non sulle contrapposizioni ideologiche di chi vuole imporre la propria agenda, la propria visione delle cose alla Chiesa.
In entrambi casi Cristo è segno di contraddizione: peccato che a non comprenderlo non siano soltanto quelli di “fuori” ma anche quelli che stanno dentro il gregge di Cristo, che presumono di restarvi per sempre, al sicuro.
Lo gnosticismo, il manicheismo e il pelagianesimo sono tentazioni di ridurre Cristo ora ad un Maestro ora ad una sorta di integratore spirituale. Resta Cristo vittorioso sulla Croce, segno di contraddizione perché il suo Amore, come dice Giovanni, viene dall’alto e non dalla terra, dalla gratuità della grazia divina e non dalle assolutizzazioni moralistiche di chi vive di terra arida.
Quando guardiamo la realtà ne vediamo la complessità e il sovrapporsi dei piani da dipanare: quando vediamo una persona, anche quella che più ci scandalizza, vediamo colui per il quale è stato innalzato il Figlio di Dio e alla cui libertà si rivolge l’amorosa libertà, fedele e per sempre, di Dio.