di Don Antonino De Maria
Il dibattito sul DDL Zan (rivisitazione del DDL Scalfarotto) ha evidenziato la confusione, diffusa anche da certa stampa e da certa tv ma non addebitabile esclusivamente a questo, circa la posizione della Chiesa sull’omosessualità e gli atti omosessuali. Nonostante questo problema sia stato in parte affrontato dal Magistero e da numerose pubblicazioni ciò che si nota è la reale ignoranza e l’atteggiamento di assoluto pressapochismo che emerge dalla coscienza dei molti e dalla comunicazione di chi ha il dovere di educare e aiutare i fedeli a comprendere il problema. Lo stile del “prendere posizione” rischia di fondarsi su altro e meno sulla corretta conoscenza di quanto la ragione, la scienza e il magistero ci offrono sull’argomento, con il rischio più che fondato di scambiare la realtà con il fumo dell’ideologia e della contrapposizione tra schieramenti politici.
Per questo cercherò di rileggere i documenti e di presentarli nel modo più semplice possibile.
Nel 1986 appare un documento della Congregazione per la dottrina della fede dal titolo: “Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali”. Innanzitutto il fatto che si presenti come lettera indica nella volontà della Congregazione di proporre argomenti da inserire in un dibattito divenuto fortemente divisivo all’interno della Chiesa.
È questa infatti la giustificazione posta nel proemio: “ Il problema dell’omosessualità e del giudizio etico sugli atti omosessuali è divenuto sempre più oggetto di pubblico dibattito, anche in ambienti cattolici. In questa discussione vengono spesso proposte argomentazioni ed espresse posizioni non conformi con l’insegnamento della Chiesa Cattolica, destando una giusta preoccupazione in tutti coloro che sono impegnati nel ministero pastorale. Di conseguenza questa Congregazione ha ritenuto il problema così grave e diffuso da giustificare la presente Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali, indirizzata a tutti i Vescovi della Chiesa Cattolica.” (n. 1)
Vorrei far notare qualcosa che dovrebbe essere già evidente e lapalissiana: la distinzione tra omosessualità e atti omosessuali (sui quali si esprime un giudizio etico) e le persone omosessuali che innanzitutto sono persone. L’essere persona è antecedente ad un aspetto della loro personalità e ne qualifica la dignità e il rispetto integrale, quindi la cura pastorale. L’omosessualità non identifica la persona nella sua totalità come i concetti di genere e di identità suppongono. L’uomo non è un genere la cui identità può essere fluttuante e quindi oggetto o soggetto di diritti secondo la fluttuabilità di questa identità. La sua identità è l’essere persona e in quanto tale oggetto e soggetto di diritti e doveri. In fondo è la stessa ragione per cui l’aborto è un omicidio: non perché il feto è indifeso ma perché è una persona sin dal suo concepimento, con l’aggravante di non potersi difendere dal potere della madre di sopprimerlo e dal diritto dello Stato che regola questo potere.
La persona umana è il soggetto di diritto e delle tutele che esso appronta per difenderla da ogni prevaricazione da chiunque questa venga e in qualunque modo si presenti: violenza, discriminazione etc.
Se la persona è la ragione di ogni intervento di tutela, l’esercizio della libertà può essere oggetto di giudizio morale, perché non ogni atto, per quanto libero e personale, è anche giusto.
Questo giudizio morale è fondato, dice la Congregazione, “sulla ragione umana illuminata dalla fede e guidata consapevolmente dall’intento di fare la volontà di Dio, nostro Padre. In tal modo la Chiesa è in grado non solo di poter imparare dalle scoperte scientifiche, ma anche di trascenderne l’orizzonte; essa è certa che la sua visione più completa rispetta la complessa realtà della persona umana che, nelle sue dimensioni spirituale e corporea, è stata creata da Dio e, per sua grazia, chiamata a essere erede della vita eterna.” (n.2)
Il principio della creazione implica il principio della realtà nella quale ragione e fede si incontrano per cogliere il valore della persona, nella sua realtà stessa e imprescindibilmente e positivamente valoriale, non in una contrapposizione ma nel rispetto dei metodi e delle istanze reciproche. Questo vuol dire che né la ragione né la fede (diventerebbe fideismo) sono autosufficienti e chiuse: esse si incontrano proprio a partire da quel valore della persona per coglierne gli aspetti e permettere la loro realizzazione vera, alla quale si aggiunge l’annuncio della vita eterna come orizzonte ulteriore ed ultimo. Ragione e fede non sono ideologie ma occhi per guardare positivamente la realtà della persona mettendo insieme i propri dati e le proprie metodologie, in modo rispettoso ma comunionale, per coglierne tutti gli aspetti e suggerire una proposta antropologica vera e non soggettivistica.
È chiaro che in un contesto di relativismo e di emotivismo, come di ideologismo, l’idea stessa di realismo e di verità oggettiva sfuma nella frammentarietà di una concezione “liquida” della persona, dei valori etc. Ma proprio questo contesto richiede all’interno della Chiesa e nella sua comunicazione una chiarezza che divenga proposta e che venga percepita non come giudizio escludente e dispregiativo ma nella sua positività.
Per questo si aggiunge “Solo all’interno di questo contesto, si può dunque comprendere con chiarezza in che senso il fenomeno dell’omosessualità, con le sue molteplici dimensioni e con i suoi effetti sulla società e sulla vita ecclesiale, sia un problema che riguarda propriamente la preoccupazione pastorale della Chiesa. Pertanto dai suoi ministri si richiede studio attento, impegno concreto e riflessione onesta, teologicamente equilibrata.”
La necessarietà di questo studio equilibrato è evidente perché viene fatta passare per pensiero della Chiesa una modalità demonizzante delle persone omosessuali, piuttosto che un serio dibattito che esiste anche all’interno del mondo omosessuale da non ridurre al mondo di certe associazioni ideologizzate e omosessualiste. Persone come Giorgio Ponte e gruppi all’interno della Chiesa di omosessuali cercano questo equilibrio e si mostrano nella verità di fronte a queste associazioni aggressive e più finanziate che hanno anche maggiore visibilità. Suggerisco ai miei confratelli e ai miei lettori laici di accedere al blog di Giorgio Ponte che con molto coraggio si pone in modo alternativo a certo mondo LGBT.
Omosessualità e fede:Nei prossimi articoli cercherò di mostrare quanto la Congregazione ha offerto alla riflessione.