di Giuseppe Adernò
Con il motu proprio “Antiquum Ministerium”, Papa Francesco ha istituito il ministero del catechista, che si aggiunge a quello dell’accolito e del lettore.
“Oggi, in una “cultura globalizzata” c’è tanto bisogno di laici impegnati nell’evangelizzazione per “contribuire alla trasformazione della società attraverso la penetrazione dei valori cristiani nel mondo sociale, politico ed economico” ed il motivo profondo non è quello di “supplire i sacerdoti, perché il ministero dei sacerdoti non può essere supplito” e “Deve essere chiaro, afferma l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, che il ministero del catechista non ha competenze liturgiche”.
Promuovere “ulteriormente la formazione e l’impegno del laicato”; riconoscere che il servizio reso da tanti uomini e donne con il loro impegno catechistico costituisce realmente un ministero peculiare per la crescita della comunità cristiana”; stabilire che la persona investita di quel carisma realizza un autentico servizio ecclesiale alla comunità”, sono queste le motivazioni e i segni dell’innovazione, in linea con la tradizione storica delle prime comunità cristiane nelle quali erano presenti diverse forme di ministerialità e come avviene in alcune regioni, dove la presenza dei sacerdoti è nulla o rara e la figura del catechista è quella di chi presiede la comunità e la mantiene radicata nella fede.
La catechesi ha sempre accompagnato l’impegno evangelizzatore della Chiesa e si è resa ancora più necessaria quando era destinata ai catecumeni che si preparavano per ricevere il battesimo, solennemente amministrato durante la Veglia Pasquale.
“Non ci si improvvisa catechisti”, il laico sa che parla a nome della Chiesa e trasmette la fede della Chiesa equesta responsabilità non è delegabile, ma investe ognuno in prima persona, valorizza un carisma, sollecita la presenza di un laicato maggiormente impegnato e, come sottolinea Mons Fisichella “questo ministero è riservato a quanti corrisponderanno ad alcuni requisiti che il Motu proprio elenca, a partire dalla dimensione vocazionale a servire la Chiesa dove il Vescovo lo ritiene più qualificante”.
Il Catechista è chiamato in primo luogo a esprimere la sua competenza nel servizio pastorale della trasmissione della fede che si sviluppa nelle sue diverse tappe: dal primo annuncio che introduce al kerygma, all’istruzione che rende consapevoli della vita nuova in Cristo e prepara in particolare ai sacramenti dell’iniziazione cristiana, fino alla formazione permanente che consente ad ogni battezzato di essere sempre pronto a rispondere a chiunque domandi ragione della speranza.
Da testimone della fede, si mette a servizio della comunità come “maestro accompagnatore e pedagogo” che istruisce a nome della Chiesa.
Un’identità che solo mediante la preghiera, lo studio e la partecipazione diretta alla vita della comunità può svilupparsi con coerenza e responsabilità. Non può essere considerato un attestato, un patentino o un distintivo, ma viene stabilito con un rito che, come si legge nella Lettera Apostolica, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti provvederà entro breve tempo a pubblicare e saràcompiuto personalmente dal Vescovo.
Le Conferenze Episcopali sono invitate a rendere fattivo il ministero di Catechista, stabilendo l’iter formativo necessario e i criteri normativi per potervi accedere.
“Siano chiamati uomini e donne di profonda fede e maturità umana, che abbiano un’attiva partecipazione alla vita della comunità cristiana, che siano capaci di accoglienza, generosità e vita di comunione fraterna, che ricevano la dovuta formazione biblica, teologica, pastorale e pedagogica per essere comunicatori attenti della verità della fede, e che abbiano già maturato una previa esperienza di catechesi”
È richiesto, inoltre, che siano fedeli collaboratori dei presbiteri e dei diaconi, disponibili a esercitare il ministero dove fosse necessario, “a servizio del Vescovo e della diocesi” e siano animati da vero entusiasmo apostolico.