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Crisi per Covid-19, anche il Vaticano riduce gli stipendi di cardinali e superiori

di padre Giovanni Calcara, o.p.

Un termine usato prevalentemente da molti social, parla di spending rewiew, per indicare la notizia suscitata dalla Lettera Apostolica di papa Francesco di ieri 23 marzo, sul “contenimento della spesa per il personale della Santa Sede, del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e degli Enti collegati”.

Nel titolo ricorre anche il contesto dell’iniziativa: crisi per il Covid, disavanzo e aggravamento del bilancio economico e sua sostenibilità, equilibrio per salvaguardare gli attuali posti di lavoro.

Per la verità non si tratta di “un taglio lineare”, ma proporzionato al principio della sussidarietà. Infatti ai cardinali lo stipendio è ridotto del 10%, agli altri superiori 8%, ecclesiastici e religiosi (che già hanno un diverso inquadramento economico per il voto di povertà) il 3%. Fino al 2023 a tutti è sospesa la maturazione degli scatti biennali di anzianità.

Per la verità, le notizie filtrate era allarmanti sul calo delle entrate per la Santa Sede, basti pensare la chiusura dei Musei Vaticani. Diciamo quindi che, tutto sommato, una decisione era attesa perchè necessaria. E parafrasando il vangelo: fa agli altri quello che vuoi facciano gli altri…

Papa Francesco vuole “una Chiesa povera che sappia stare in  mezzo ai poveri” e, la crisi che stiamo vivendo, mette alla prova la comunità dei credenti, come anche la classe politica che, non solo in Italia, sembra preoccupata a gestire i finanziamenti per la ripresa economica, ad aumentare le spese militari, ignorando il principio della partecipazione e della solidarietà personale verso tutte quelle “nuove povertà” che sono sotto gli occhi di tutti.

Il nostro grazie a papa Francesco che, ancora una volta legge i bisogni reali della gente e riesce, o meglio si sforza, di essere vicino non solo a parole accanto ad ogni uomo e a ogni sua sofferenza.

Ma come per altre iniziative, come quella sui ministeri nella Chiesa alle donne, potremmo leggere l’iniziativa come un primo passo, oppure un margine per non arrivare ad un obiettivo.

L’oltre, potrebbe essere rappresentato non da scelte dettate dalla contingenza, la crisi per il  Covid, ma da scelte “preferenziali” dovute alla fedeltà alla Parola di Dio e che i poveri di oggi, aspettano ed esigono in nome della loro dignità.

Paolo VI, il papa “incompreso da vivo e rimpianto da morto” diceva, riprendendo l’insegnamento della migliore tradizione patristica, che avrebbe “venduto i calici in oro per dare da mangiare ai poveri”. Oggi potremmo aggiungere: per fare vaccinare anche la gente che abita nei Paesi dimenticati, per dare acqua, cibo e istruzione a milioni di persone. Penso che non si tratta di fare populismo, ma di credere che sia possibile mettere in pratica la parola di Gesù.

“Guardate i gli uccelli dell’aria… i fiori dei campi… non seminano…” (cfr Mt 6,25-33). Ci credeva San Francesco che ottenne la riconoscenza di papa Onorio III, così come San Domenico che insegnava ai suoi frati “chiederemo in elemosina quanto ci serve, dopo aver predicato”.

Evidentemente non si tratta di vendere i beni o ridurre in lingotti i beni artistici che, sono patrimonio dell’umanità, come fecero gli spagnoli in Sud America. Penso al patrimonio immobiliare della Santa Sede, come delle Diocesi e degli Ordini religiosi, degli Ordini cavallereschi. Gli appartamenti che invece da affittare potrebbero essere ceduti gratuitamente alle famiglie bisognose, così come i terreni, o come la gestione di musei per fini esclusivamente a beneficio dei bisognosi.

Dovrebbe essere l’inizio di una riforma strutturale che partendo da Roma arrivi alla piccola Diocesi e parrocchia, come a tutte le realtà ecclesiali. Purtroppo la realtà in cui viviamo sembra “resistere” a queste esigenze di giustizia voluta dal Vangelo: “quello che non avete fatto al mio fratello, dice il Signore, non l’avete fatto a me… via nel fuoco eterno” (cfr. Mt 25).

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