di Filadelfio Grasso
“Il mondo ha bisogno di padri e non di padroni, di servizio e non di servilismo…”, lo dice papa Francesco nella sua lettera apostolica che indice l’anno speciale dedicato a san Giuseppe.
Il Santo Padre ha voluto affidare all’intercessione di questo santo che ricopre un ruolo fondamentale nella storia della salvezza, un anno difficile e pieno di incognite dovute alla pandemia ancora in atto che sta provocando una crisi sempre più vasta in tutti i settori.
Nei vangeli
San Giuseppe è l’uomo dalle poche parole, che vive nel nascondimento e che con discrezione porta avanti il suo lavoro e la sua missione nel custodire il figlio di Dio e la sua mamma.
Mancando dettagli storici sulla sua vita, i vangeli ricostruiscono i fatti che lo riguardano per trasmetterne il significato teologico più che biografico: per esempio riprendono avvenimenti dell’Antico Testamento per far vedere la prefigurazione della loro situazione contemporanea.
Matteo, richiamando la tradizione biblica dell’uomo dei sogni, ci racconta che Giuseppe si fida di Maria e del concepimento sovrannaturale di Gesù, grazie a una visione onirica dell’angelo, ricevendo da questi anche indicazioni precise sul suo ruolo nel piano divino.
Egli superando ogni pregiudizio, prende con sé Maria e il bambino che è nel suo grembo, evitando la dura applicazione delle leggi che in situazioni così gravi, a proposito della infedeltà della donna, prevedevano il pubblico ripudio e perfino la lapidazione. In questo modo dà a Gesù una paternità legale che lo inserisce nella discendenza di Davide.
Giuseppe è l’uomo del coraggio, manifestato quando gli istinti assassini di Erode si abbattono sul bambino per la paura di una minaccia alla stabilità del suo trono. Così prende Gesù e sua madre e, su indicazione del celeste messaggero, si dirige verso l’Egitto, da dove torna quando è passato ogni pericolo.
E’ silenzioso, Giuseppe, quando assieme alla moglie Maria, ritrova Gesù, adolescente, che si è allontanato da loro mentre si trovavano a Gerusalemme per festeggiare la Pasqua antica. Maria riprende il figlio: Tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo. Ma la risposta del ragazzo mostra la consapevolezza della sua natura divina e della sua missione: Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio? Poi ritorna con i genitori a Nazareth e vive la sua vita familiare nella normalità.
Quando ricompare nella vita pubblica, Giuseppe è probabilmente già morto, avendo portato a termine il suo incarico e insieme a Maria educato Gesù.
Nella tradizione
Il santo cominciò ad apparire in alcuni martirologi del IX secolo. Verso la fine del Medioevo si nota un aumento nella devozione perché alcuni ordini in Europa ne celebravano la festa il 19 marzo. San Giuseppe da sempre è considerato patrono degli artigiani e dei bambini e, poiché si ritiene che abbia avuto una santa morte alla presenza di Gesù e di Maria, è invocato per ottenere una buona morte. Ma il suo titolo più glorioso nella devozione rimane quello di protettore della Chiesa universale datogli ufficialmente da Pio IX nel 1870, al termine del Concilio Vaticano I.
Nella nostra diocesi, il santo patriarca è molto venerato. Lo si invoca come protettore dei bambini, degli artigiani e delle mamme. Non c’è chiesa che non abbia un altare o un’immagine a lui dedicata. In molti comuni per lui si organizzano feste con grande concorso di fedeli: a Santa Maria di Licodia (di cui è patrono), a san Giuseppe La Rena, nel piccolo borgo rurale di Sferro frazione di Paternò, a Mascalucia e in molti altri centri dove si svolgono in suo onore festeggiamenti religiosi accompagnati da manifestazioni prevalentemente di tipo rurale e popolare (aste con abbondanza di doni, fiere, cavalcate storiche, distribuzione di pane benedetto…).
Per il giorno di san Giuseppe è tradizione cucinare il riso col macco di fave o con i ceci, aromatizzato col finocchietto selvatico, abbondante nelle campagne in questo periodo. Inoltre non possono mancare le zeppole che addolciscono i palati più fini. Tutto questo spesso viene preparato per sciogliere un voto per una grazia chiesta e ricevuta. Il santo patriarca, infatti, è invocato nelle avversità della vita.
Un esempio e un intercessore
In san Giuseppe ogni cristiano dovrebbe vedere un modello da seguire. Egli è un padre amato, tenero, obbediente, accogliente, coraggioso, lavoratore, discreto e silenzioso.
Ogni padre, come lui, dovrebbe introdurre il proprio figlio all’esperienza della vita, alla realtà senza imprigionarlo nè possederlo, ma rendendolo “capace di scelte, di libertà, di partenze…”
Ogni sposo, come Giuseppe, accogliendo responsabilmente la propria sposa, deve impegnarsi ad amarla e onorarla, nella fedeltà, sostenendola nei giorni tristi e in quelli lieti, condividendo nella reciprocità la vita familiare.
Giuseppe di Nazareth, oggi più che mai, ci ricorda l’importanza di tutti coloro che stanno apparentemente nascosti ma che ricoprono un ruolo fondamentale per il bene comune, esercitando pazienza, infondendo speranza, prendendosi cura dell’altro.
Lui che viene descritto come un lavoratore, non può che farci pensare anche a quanti, in questo periodo, stanno lottando per il proprio lavoro messo a rischio dalla pandemia. E’ compito di tutti essere sensibili e attenti ai problemi del mondo del lavoro, poiché mediante esso l’uomo partecipa all’opera creatrice di Dio.
In questa festa del 2021, lo immaginiamo vicino a tutti noi come il buon padre che si prende cura dei figli.
Lo pensiamo accanto a tutti quelli che si trovano impegnati in prima linea nel soccorrere chi si trova nel bisogno e che stanno fronteggiando senza sosta i problemi di una emergenza sanitaria che ancora non dà tregua e che continua a mettere a dura prova la nostra società.
O Beato Giuseppe, mostrati padre anche per noi, e guidaci nel cammino della vita. Ottienici grazia, misericordia e coraggio, e difendici da ogni male. Amen.