di Don Antonino De Maria
Abbiamo ricevuto il 21 gennaio, festa della martire Agnese, giovanissima testimone di un Amore Crocifisso che fa paura ai potenti di questo mondo, il programma liturgico della festa di sant’Agata, altra giovane martire che tanto amano i Catanesi ma che ha conquistato un posto d’onore nelle Chiese di tutto l’ecumene, in una universalità che respira a due polmoni, d’Oriente ed Occidente.
Il programma, in un tempo di restrizioni, in una società sempre più secolarizzata, è il massimo che si poteva pensare. Bisogna darne atto al Nostro Arcivescovo.
È un richiamo all’essenziale: e l’essenziale è la fede, quella vera, quella dell’umile che si fa caricare sulle spalle dell’Aquila, del mistero amorevole di Dio. Ed è questa fede che deve essere comunicata, nelle famiglie, nelle comunità ecclesiali; che va trasmessa ai giovani.
Questa trasmissione della fede non passa soltanto attraverso la sua celebrazione: occorre la fede e non un povero sentimento per entrare nel cuore di una eucaristia, per di più trasmessa attraverso un freddo canale social. Occorre il calore della famiglia, l’abbraccio amorevole di uno che ti ascolta seduto accanto a te.
Per questo è importante sedere accanto ai figli, accanto a chi soffre, accanto a chi desidera una vita migliore, a chi ha sogni e vuole essere aiutato a realizzarli, passando dal sogno alla realtà; così per i poveri, gli anziani e gli ammalati. Perché è attraverso la prossimità, la gioia di un cuore credente che vive, come Agata, di Cristo, che la fede diventa meno dottrina e più vita, meno distante e più incarnata.
Prendiamo questo tempo come una grande occasione di evangelizzazione e l’incontro con Cristo, attraverso Agata, scaldi di senso la vita di ciascuno di noi, la vita di questa città e della nostra Chiesa.
Il cammino è lungo e i peccati molti.