L’espressione Nulla anteporre a Cristo costituisce il cuore e la sintesi della Regola benedettina. Eppure questa espressione non indica una via intimistica, sentimentale, devozionistica, anzi: è la fonte, la radice di un processo di umanizzazione che afferma la corrispondenza tra il volto del Logos incarnato e i volti degli uomini. Per questo Cristo è quella misura dell’umano nel quale l’uomo si riconosce come totalmente compreso. Nulla anteporre a Cristo diventa la possibilità stessa di quella cultura che edifica l’uomo senza censurare niente, anzi liberandolo dalle catene che ne impediscono lo sviluppo pieno e che nel linguaggio cristiano indica quella misura dell’umano che si chiama santità. L’ideale benedettino è aiutare l’uomo a vivere questa crescita in ogni ambito, non solo attraverso il lavoro e la preghiera ma dando un nuovo senso al lavoro e ai frutti del lavoro dell’uomo e al suo rapporto con la realtà in cui vive. Così i monasteri benedettini hanno costruito l’Europa, unificandola e edificandola non su basi politiche ma sull’uomo nuovo.
Si fugge dal mondo, disorientato, per costruire un mondo orientato a Cristo, non solo all’interno del monastero ma anche a partire dal monastero: l’uomo centrato in Cristo diventa capace di civilizzazione dell’ambiente naturale e umano che lo circonda. Così il monastero è un punto di riferimento e di umanizzazione non solo per chi ha scelto di vivere dentro le sue mura ma anche per l’ambiente che lo circonda. L’attenzione a che tutto, anche ciò che è di pietra, esprimesse la bellezza dell’amore di Cristo per l’uomo, diventa segno per chiunque cerchi la verità e il bene. La natura è coltivata per l’uomo e la città degli uomini si lascia informare dalla vita ordinata cristianamente dai monaci. L’Europa si costruisce e prende forma attorno all’esperienza del monachesimo benedettino, perché insegna a vivere il Vangelo per l’uomo rendendo gloria a Dio in ogni aspetto dell’umano: la lode liturgica e la bellezza che essa richiede, lo studio, non fermo alla Scrittura ma capace di custodire secoli di cultura umana e il lavoro come contributo umano alla creazione e alla sua bellezza.
Abbiamo voluto celebrare nel luogo più evocativo della presenza benedettina a Catania questa solennità con due momenti: uno culturale e uno liturgico.
Il primo momento ha visto la puntuale e accurata professionalità dell’ing. Salvo Calogero che ha bene inserito nella storia e nel contesto urbanistico della nostra città il nascere e il crescere della presenza cassinese. Ha poi spiegato i diversi momenti della fondazione e della costruzione del Monastero e della Chiesa arricchendo di dati fondati l’ascolto attento dei presenti.
A seguire la celebrazione eucaristica presieduta dal rettore e concelebrata dal parroco nella quale sono stati ricordati i tanti benedettini che in quel luogo sono vissuti tra vicende di alta spiritualità e cultura e momenti di povertà personale. Un ricordo affettuoso e orante anche per i rettori defunti che si sono succeduti, soprattutto dell’ultimo, mons. Gaetano Zito. Presente una rappresentanza degli Oblati benedettini. Ci ha aiutato a pregare il coro Mater Domini di Gravina diretto dal M° Andrea Maugeri. Un grazie particolare va all’assessore alla Cultura del comune di Catania, Barbara Mirabella, alla responsabile della Chiesa, la dott.ssa Valentina Noto e agli impiegati comunali che rendono possibile l’accesso e la fruizione della Chiesa. È infatti un lavoro sinergico tra istituzioni, accomunato dalla passione per questa Chiesa, che rende possibile tutto quello che tende a valorizzarla e, per quanto è possibile, restituirla alla sua bellezza, perché possa sempre più tornare ad essere non un luogo da usare ma da vivere.