di Don Salvatore Bucolo
Sin da piccolo, leggendo i libri di storia, rimanevo fortemente impressionato dalle cruente guerre, dagli atroci stermini e dalle implacabili carestie che hanno sempre segnato il volto dell’umanità. Come figlio di questo tempo e soprattutto come appartenente alla cosiddetta casta del “mondo occidentale”, ho sempre percepito tali pagine della storia come memoria di un passato, ormai passato, che non poteva mai toccarmi.
Faccio parte di una generazione che celebra in Italia la Festa della Liberazione ogni 25 aprile dell’anno e che ogni 27 gennaio fa memoria di quella follia umana che ricorda a tutti di cosa l’uomo arriva a fare, la terribile Shoah. Sono eventi certamente ancora recenti, di cui tuttora esistono memorie viventi di uomini e donne che testimoniano il prezzo di quanto hanno pagato sulla loro pelle, ma nel mio cuore tutto ciò lo percepisco come qualcosa di lontano, che non potrebbe mai accadere nel mondo di cui faccio parte, in cui tutto pare super efficiente e sicuro.
È bastato, invece, un solo attimo, un solo virus invisibile e impercettibile, a soppiantare tali mie convinzioni. Non esiste angolo della terra né mente umana né cuore di persona che non siano tutti direttamente toccati dall’azione incredibile di questo agente patogeno. Tutte le nazioni sono andati in tilt. La scienza è andata in tilt. L’economia è andata in tilt. Tutti, accomunati dal nemico comune, hanno dovuto ripensare i loro schemi, le loro conoscenze, le loro abitudini, i loro stili di vita.
La situazione è alquanto complessa, e in tale complessità la Chiesa si trova a convivere appieno. Io non ho soluzione, e dinanzi a questo scenario provo un’enorme inquietudine, la stessa medesima inquietudine che in questi giorni ha toccato tanti figli della Chiesa, i quali dinanzi ad un’emergenza inedita e surreale hanno dovuto reiventarsi pastoralmente perché non manchi a nessuno quella prossimità e vicinanza tanto proclamata e sostenuta dal Vangelo. Ho visto così confratelli sacerdoti utilizzare tutti i mezzi mediatici e reali per annunziare a tutti che ancor di più Cristo è veramente risorto nei solchi di questa storia reale. Ho visto consacrate, totalmente donate alla carità, con tutti i rischi e le incertezze del caso, non smettere mai di garantire un piatto caldo ai tantissimi poveri aumentati in modo vertiginoso, trasformando le vie deserte e paurose di una tetra città in una grande mensa, anticipo di quel famoso banchetto celeste cui tutti un giorno faremo parte.
Ho visto anche famiglie celebrare il triduo pasquale nelle loro case, dove colui che tiene il timone della famiglia ha incredibilmente sbalordito i suoi figli, lavando loro i piedi ad uno ad uno, manifestando come il segreto del guidare una famiglia sta proprio nel piegarsi in ginocchio a totale servizio degli altri. Nessuno avrebbe mai immaginato o sognato una circostanza di tale portata, ma al contempo è assurdo credere e proclamare con certezza che Dio manda nel mondo questa pandemia per chissà quale progetto divino. Da parte mia so soltanto questo: ho visto uomini e donne che, accomunati dallo stesso credo, nella diversità della loro vocazione e del loro stato di vita, con la potenza creativa dello Spirito Santo hanno trasformato la loro inquietudine in una sorgente di amore che ha dato acqua e ristoro ad una umanità piagata e ferita nella sofferenza e nella tribolazione.
Per questa la ragione insieme alle famiglie dell’Ufficio Diocesano per la Pastorale della Famiglia di Catania abbiamo preso consapevolezza che questo è il tempo in cui siamo chiamati metterci in ascolto di quei sussulti dello Spirito che parla tramite ciascuno di voi. Sì, mi riferisco a voi, o meglio a te personalmente che stai leggendo questo articolo. Desideriamo ascoltarti per essere a conoscenza di quanto l’opera divina sta realizzando nella tua storia, nella tua casa, nelle tue relazioni fondamentali. Chissà quali modalità inedite di annunzio della Parola stai vivendo nei tuoi ambienti quotidiani e potresti metterci a conoscenza per dare a tutti piste nuove e concrete nella via dell’evangelizzazione.
Chissà anche quale liturgia familiare sei riuscito a realizzare di tua iniziativa nella tua Chiesa domestica e potresti condividere con noi, per farla diventare un patrimonio alla portata di tutti. Chissà, infine, quali iniziative caritative di prossimità stai sperimentando nella tua carne e potrebbero diventare lo stile comune per tutti. Parola, Liturgia e Carità: in fondo, sono questi i tre ambiti citati negli esempi che costituiscono la vita propria della comunità ecclesiale, e anche di ogni Chiesa domestica e di ogni singolo cristiano. Nessuno potrà mai fare a meno di nutrirsi della Parola, di innestare la sua vita nella Liturgia e di esprimere l’esplosione della vita divina che dimora in ciascuno di noi nella Carità.
Pertanto, quello che adesso desideriamo fare è quello di metterci in ascolto di voi famiglie, per poter conoscere le vostre ricchezze, quanto di bello siete riusciti a realizzare in questo tempo, ma allo stesso tempo vogliamo tendere il nostro orecchio verso i vostri desideri, bisogni, paure, fragilità, perché, come dice il Concilio Vaticano II, «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (Gaudium et spes 1). Percepiamo, oggi più che mai, la chiamata di dover discernere insieme quale volto di Chiesa siamo interpellati tutti a manifestare in un mondo problematico ma non meno ricco, sofferente ma desideroso di rialzarsi, provato ma più tenace e forte. Non fraintendeteci! Non siamo in cerca di soluzioni né di ideone né tantomeno di strategie, a nostro giudizio pericolose e sempre da temere; desideriamo invece tendere l’orecchio l’uno verso l’altro, per crescere in quella sinodalità che ha sempre caratterizzato la Chiesa sin dalle sue origini.
Per tale ragione ti chiediamo di scriverci all’indirizzo di posta elettronica pastoralefamiliare.ct@gmail.com, per comunicare le vostre ricchezze, le vostre fragilità e soprattutto quale volto di Chiesa tutti insieme, ognuno nella sua singolarità e specificità, siamo chiamati a fecondare e ravvivare in questo tempo che non smetterà mai di essere tempo di grazia, perché Cristo è veramente risorto e nel Suo Mistero Grande ha già redento l’umanità.