Desideriamo essere pienamente partecipi di questo momento storico che ci interpella come uomini, come cristiani e come vescovi e per questo vogliamo raggiungere e abbracciare le nostre comunità, comprese quelle che vivono nelle isole minori.
Il numero impressionante di morti e di contagiati sta mettendo a dura prova la vita delle persone e la tenuta delle istituzioni. Ma siamo convinti che si stia apprendendo la dolce legge della condivisione e della compassione. Tante persone di buona volontà stanno diffondendo il sapore e la bellezza di una santità del quotidiano e di un umanesimo di prossimità.
La prova di grande professionalità e di incondizionata dedizione dei medici e del personale sanitario sta consentendo di affrontare con dignità l’emergenza, pur nella inadeguatezza delle strutture ospedaliere. Tra le tante vittime ricordiamo con commozione gli 87 medici e i 96 sacerdoti morti alla data odierna; ma i numeri sono in continuo aggiornamento, purtroppo. Con loro affidiamo tutti i morti a motivo del Covid-19 alla paterna misericordia di Dio.
Tanti altri motivi di preoccupazione angustiano il nostro cuore di Pastori, pensando ai gravissimi problemi di sopravvivenza determinati da antiche e nuove sopravvenute povertà. Il blocco delle attività produttive sta mettendo a dura prova il sistema Paese e prelude a una crisi depressiva dell’apparato economico che inciderà sullo sviluppo dei prossimi anni e sulla qualità della vita delle famiglie e, in particolare, delle nuove generazioni.
In questo contesto ci addolora tanto la sospensione della vita liturgica, delle attività pastorali e dei progetti formativi. La celebrazione della Messa nella solitudine delle nostre chiese, il digiuno eucaristico forzato dei fedeli, l’impossibilità di raccomandare a Dio le anime dei defunti e di dare il conforto della fede ai familiari nel rito delle esequie stanno turbando la vita spirituale di quanti alimentano con la Parola di Dio e i sacramenti la loro condizione di discepoli del Signore, testimoni della sua risurrezione.
È motivo di conforto, provvidenzialmente, l’attività solidale delle Caritas diocesane e di quelle parrocchiali che, unitamente a organismi di volontariato e in rapporto di collaborazione con le amministrazioni comunali, si stanno adoperando per alleviare l’indigenza di tante famiglie con la distribuzione di alimenti, offerti anche dalla generosità di singole persone e di aziende produttive. Al ricordo grato per loro associamo quello per quanti sono impegnati nelle attività che consentono gli approvvigionamenti di viveri e di quanto occorre per la vita domestica.
Queste considerazioni stanno condizionando la celebrazione della Settimana Santa che per la prima volta impedirà all’assemblea dei fedeli una vera partecipazione. Vivremo un Triduo Pasquale silente e mesto, nel quale i toni della passione non potranno trovare risoluzione nell’inno festoso dell’annuncio della Risurrezione. E allora, «offriamo ogni giorno a Dio noi stessi e tutte le nostre attività. Facciamo come le parole stesse ci suggeriscono. Con le nostre sofferenze imitiamo le sofferenze, cioè la passione di Cristo. Con il nostro sangue onoriamo il sangue di Cristo. Saliamo anche noi di buon animo sulla sua croce. Dolci sono infatti i suoi chiodi, benché duri» (San Gregorio Nazianzeno).
Guardando avanti, al tempo in cui questa drammatica prova si concluderà, dobbiamo fin da ora pensare seriamente al compito e alla missione che ci attendono, in spirito di collaborazione e con creativa lungimiranza, nell’immane opera di ricostruzione umana, sociale ed economica.
Vogliamo, però, concludere con un invito alla speranzache si fa eco delle parole di Papa Francesco nell’omelia del 27 marzo in Piazza San Pietro: «questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai».
Lo annunciamo e lo auguriamo affettuosamente a tutti, mentre di cuore vi benediciamo.