di Don Antonino De Maria
Viviamo in un tempo nel quale con troppa facilità usiamo i social per gridare in piazza quello che non siamo capaci di dire in una relazione sana e cristianamente avvolta dal mistero della carità. Il nostro gridare genera gruppi di consenso, spesso di arrabbiati che aizziamo contro questo e contro quest’altro senza alcuna edificazione e tutti diventano giudici senza vero giudizio, soprattutto per noi che stiamo sotto la stessa Parola di Dio: non giudicare. Questo clima insano non giova e non aiuta a crescere nella verità. Da tempo rifletto su questo e le letture che la Chiesa oggi ci offre nell’ufficio delle letture, da Galati e da Sant’Isacco della Stella ci vengono in aiuto. Dice Paolo ai Galati: “Fratelli, se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito. Non cerchiamo la vana gloria, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri.
Qualora uno venga sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo Spirito correggetelo con dolcezza. E vigila su te stesso, per non cadere anche tu in tentazione. Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo. Se infatti uno pensa di essere qualcosa mentre non è nulla, inganna se stesso. Ciascuno esamini invece la propria condotta e allora solo in se stesso e non negli altri troverà motivo di vanto: ciascuno infatti porterà il proprio fardello.” Non è necessario alcun commento, basta leggerlo e chiedersi se stiamo vivendo nello Spirito o se stiamo cercando solo noi stessi e quel senso di potere che si nasconde nel giudicare l’altro, nell’accusarlo. Se portiamo i pesi gli uni degli altri, l’altro non è un nemico da offendere e condannare. Infatti siamo noi estranei al peccato che ci vantiamo di essere al di sopra dell’altro? Se ragionassimo secondo lo Spirito cercheremo la pace non l’offesa e nemmeno il denigrare, l’irridere l’altro. Ma forse cerchiamo solo noi stessi e non siamo come Paolo: “Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo”. Ciò che conta infatti non è l’essere questo o quello ma “l’essere nuova creatura: E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia”.
Il Beato Isacco incalza: “Perché mai, o fratelli, siamo poco solleciti nel cercare le occasioni di salvezza vicendevole, e non ci prestiamo mutuo soccorso dove lo vediamo maggiormente necessario, portando fraternamente i pesi gli uni degli altri? Volendoci ricordare questo, l’Apostolo dice: «Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo» (Gal 6, 2). E altrove: Sopportatevi a vicenda con amore (cfr. Ef 4, 2). Questa è senza dubbio la legge di Cristo.
Ciò che nel mio fratello per qualsiasi motivo – o per necessità o per infermità del corpo o per leggerezza di costumi – vedo non potersi correggere, perché non lo sopporto con pazienza? Perché non lo curo amorevolmente, come sta scritto: I loro piccoli saranno portati in braccio ed accarezzati sulle ginocchia? (cfr. Is 66, 12). Forse perché mi manca quella carità che tutto soffre, che è paziente nel sopportare e benigna nell’amare secondo la legge di Cristo!” Già la carità che spesso manca nelle nostre fraternità. “Usiamoci dunque comprensione e pratichiamo la fraternità, combattendo la debolezza e perseguitando solo il vizio.
La condotta più accetta a Dio è quella che, pur varia nelle forme e nello stile, segue con grande sincerità l’amore di Dio e, per lui, l’amore del prossimo.
La carità è l’unico criterio secondo cui tutto deve essere fatto o non fatto, cambiato o non cambiato. È il principio che deve dirigere ogni azione e il fine a cui deve tendere. Agendo con riguardo ad essa o ispirati da essa, nulla è disdicevole e tutto è buono.”
Aiutiamoci vicendevolmente e costruiamo rapporti improntati all’umiltà, alla carità e alla pace: questi sono i frutti dello Spirito, questo edifica ed evangelizza, perché questo è il Vangelo del Signore.